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 2018  giugno 16 Sabato calendario

“Paz”, la rockstar del fumetto rivive nel racconto di Vincino

Andrea Pazienza se ne andò nella notte tra il 15 e il 16 giugno di trent’anni fa, lasciando dietro di sé una scia di vignette e di storie che hanno rivoluzionato il fumetto italiano. Aveva solo 32 anni ed era in forma fisica smagliante, reduce com’era da un lungo viaggio con la moglie in Brasile che aveva raccontato a modo suo sul giornale Avaj, acronimo per Angese, Vincino, Andrea e Jacopo Fo. Oggi Vincino, nom de plume di Vincenzo Gallo, disegnatore che ha visto esplodere Paz fin dai tempi de Il Male, il foglio satirico di cui era direttore, ricorda quei giorni e dieci anni di amicizia e collaborazioni:  «Andrea mi manca da allora, ci volevamo bene, era una persona deliziosa, un artista che si drogava come in quel periodo facevano molti altri artisti. Per questo, quando quella mattina mi telefonarono per dirmi che era morto, non sono rimasto sorpreso».
Una nota di rimpianto c’è, a pensare che solo il giorno prima l’autore di Zanardi era passato da Roma – da qualche anno viveva a Montepulciano – a incontrare Sergio Staino nella redazione di Tango, il supplemento satirico dell’Unità, per proporgli e farsi pagare in anticipo una storia ancora da disegnare: «Ci siamo sentiti, gli ho detto ho i biglietti per il concerto di Bruce Springsteen di stasera, andiamo? Mi ha richiamato poco dopo per dirmi che non poteva. Il mattino del 16 giugno ho saputo che non c’era più». Eppure l’immagine decadente dell’artista bello e dannato, avvalorata dal diretto interessata in molti disegni e nella sua autodefinizione di «rockstar del fumetto», secondo Vincino, che pure lo aveva salvato da un’overdose precedente, «è solo un luogo comune: lui era quello delle iniezioni ogni tanto, poi è vero che era una rockstar, ma per come si vestiva, per i giubbotti che metteva, perché quando veniva al Male gli organizzavo il viaggio e poi stava tre giorni in redazione a disegnare con la musica sotto. Il manifesto della Città delle Donne di Fellini, per esempio, lo ha realizzato lì. Ma quando descriveva il mondo dei tossici di “Pompeo” in realtà disegnava gli amici suoi, raccontava un ambiente che conosceva, e non sé stesso. Il “mio” Andrea è un grandissimo artista, di una lealtà e di una dolcezza uniche». 
Di dieci anni più vecchio di Paz, Vincino aveva conosciuto il giovane talento quando Pazienza aveva già debuttato su Alter Alter di Linus con Pentothal, nel 1977. «Quell’estate – racconta – ci siamo incontrati in un gruppo di disegnatori fra Milano e Bologna, ai Giardini Margherita. Io portai Stefano Tamburini (creatore di Ranxerox, ndr) da Roma, poi c’erano Scòzzari, Jacopo Fo, Andrea, Muñoz, Sanpayo e altri. Volevamo fare un giornale gestito da noi, poi naturalmente non ne uscì nulla, perché c’era chi voleva fare una cosa di satira politica e chi di fantasia». 
In realtà il seme era gettato, perché grazie a Tamburini di lì a poco uscì Cannibale, schierando le migliori matite della new wave italiana (Paz, Scòzzari, Mattioli e Liberatore, ndr), e nel giro di qualche mese vide la luce Il Male, pubblicazione incendiaria e plurisequestrata per i contenuti oltraggiosi: «Da quel momento io e Andrea non ci siamo più abbandonati. Con lui chiacchieravo di tutto e al Male ha potuto fare di tutto: copertine, storie, vignette, tutto. Il giornale è arrivato a vendere 80-100mila copie, si può dire che Andrea sia esploso da noi, il Male è stato un grande veicolo per lui. Ogni cosa che ci proponeva veniva capita e incoraggiata e quell’esperienza sarebbe stata impensabile senza di lui. A ottobre ci sarà una grande mostra sul Male alla Gnam di Roma, e ci saranno anche le sue opere».
Tutto quel che ribolliva nell’Italia di allora, per quanto estremo e provocatorio fosse nella visione di un fumettista d’assalto come Pazienza, veniva pubblicato in nome di una libertà creativa mai vista. Dura fino all’82, poi il Male chiude, ma la collaborazione prosegue: «Su Zut, con me direttore, ha realizzato un fotoromanzo che era un racconto bellissimo. Quando nacque Costanza, mia figlia, ne ha raccontato la storia e me l’ha dedicata». La mostra «Andrea Pazienza, trent’anni senza», lo celebra come merita al Mattatoio di Roma fino al 15 luglio, fra inediti e grandi classici.