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 2018  giugno 16 Sabato calendario

Jamie Clayton, la stella che cambiò sesso

Alta come Nicole Kidman, bionda come Reese Whiterspoon, gli occhi più blu di quelli di Milla Jovovich. Nel 2015 le cronache rosa le accreditavano un flirt, mai smentito, con Keanu Reeves, e oggi, fresca dei suoi primi 40 anni, si dice single ma piace a tutti: 156.000 follower su Twitter, 362.000 su Instagram, il popolo di Netflix in adorazione. Letteralmente. Sul suo profilo Twitter il tenore dei messaggi, da quando la piattaforma di streaming ha messo la parola fine, una settimana fa, alla serie Sense8, è sempre lo stesso: «Mi hai cambiato la vita», scrivono in tanti, «È la prima volta che mi rivedo in una serie tv, grazie».
Perché Jamie Clayton, attrice di San Diego è la prima interprete transgender a conquistare il grande pubblico. Sdoganata dalle sorelle Lana e Lilly Wachowski, le autrici di Matrix che a loro volta hanno cambiato sesso, con la serie Netflix Sense8, ha un cachet in crescita (un milione di euro il compenso minimo) e presto un ruolo da protagonista nel thriller The Chain, distribuito in tutto il mondo dalla Shoreline Enterteinment.
Protagonista l’altro ieri di un panel al New York Pride sulla rappresentazione dei trans su grande e piccolo schermo, per Clayton oggi la rivoluzione parte anche dal linguaggio: «Non voglio essere definita come un’attrice trans. Sono un’attrice e basta. E come tale: perché non potrei essere la prossima Bond Girl? O una Charlie’s Angels?».
L’IMMAGINE
Nata di sesso maschile, e transitata nel 2003 in quello femminile, Clayton ha costruito la propria immagine, e il suo successo, pianificando un’attenta strategia comunicativa. Dal coming out a venticinque anni, raccontato con ironia sulle pagine del New York Observer (con l’aiuto, si dice, di un giornalista innamorato di lei), ai primi ruoli in tv: il reality TRANSform Me sotto l’ala protettrice dell’apripista Laverne Cox, prima trans nominata agli Emmy, e la serie HBO Hung – Ragazza Squillo. Arrivata a New York dalla California a 19 anni – del padre avvocato, e di come abbia vissuto la transizione, non parla volentieri – Clayton ha cominciato come stylist e modella, ma l’obiettivo era fin da subito più ambizioso: «La moda è divertente, ma io voglio recitare», disse al Tyra Banks Show qualche giorno dopo il coming out. A farla decollare è stato il ruolo nella webserie Dirty Work, premiata nel 2012 con l’Emmy come miglior serie. La critica l’ha sempre apprezzata, ma i premi alla performance non le sono mai arrivati. «Le attrici trans per qualcuno proprio non esistono – si lamentava l’anno scorso, sul set della seconda stagione di Sense8 -. Per noi è difficile persino accedere ai provini: ma come si fa a diventare chef se non ti fanno neanche entrare in cucina?». Specchiata nella vita pubblica – mai un incidente, mai uno scandalo, da sempre impegnata nel sociale per i diritti dei minorenni transessuali – Clayton è nota per il carattere irritabile. Celebre la rissa via social con l’attrice Alicia Vikander: «Lana Wachowski ha scelto me tra le protagoniste di Sense8 perché voleva un’attrice trans, per dare un’opportunità a chi è come noi: prima di scegliermi, ha visionato 30 attrici in tutto il mondo. Alicia Vikander, per The Danish Girl, non ha fatto neanche un provino. Certo, lei ormai è un nome. Ma noi trans, come facciamo a diventare dei nomi?».
Un obiettivo che dopo Sense8 sembra centrato, con il cinema che continua a offrirle ruoli, dopo averla messa alla prova in The Neon Demon di Nicolas Winding Refn e ne L’Uomo di neve di Tomas Alfredson. «Tutto merito di Sense8? Non so se questa serie sia davvero riuscita a cambiare la percezione del pubblico nei confronti dei transgender. Di certo prevale ancora una rappresentazione stereotipata. Piacciamo perché stuzzichiamo un certo feticismo nel pubblico. Spero che un giorno, chi oggi fa ancora commenti superficiali sulla nostra sessualità, si imbarazzi profondamente. Rendendosi conto di essere fermo al medioevo. Il futuro è altro: sessualmente mobile».