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 2018  giugno 16 Sabato calendario

Perché la Grande coalizione della Merkel rischia di saltare

La Grande Coalizione di Angela Merkel, un matrimonio di convenienza tra tre partners litigiosi e arrovellati da mali interni come Cdu/Csu e Spd, vacilla dopo appena quattro mesi: colpa anche della debolezza della cancelliera, logorata dal potere, al suo quarto mandato, criticata dalle nuove generazioni del suo stesso partito e finita sotto assedio persino all’estero, perché insidiata ora nella leadership europea da Macron ora dalle sferzate a colpi di dazi di Trump.
A mettere a dura prova la tenuta del governo, alla sua prima grande crisi, è lo scontro esploso in questi giorni tra la cancelliera e il ministro dell’interno Horst Seehofer (Csu) sull’immigrazione, un tema centrale nella vita politica in Germania che ha fatto perdere consensi e voti tanto al centro-destra quanto al centro-sinistra alle elezioni dello scorso settembre. Proprio il ritorno alle urne, in Baviera in ottobre, ha acceso gli animi dei politici della Csu, preoccupati per questo banco di prova che potrebbe sancirne ancor di più il declino a favore del partito di estrema destra Alternative für Deutschland. L’arrivo della verifica elettorale ha messo la Csu sul piede di guerra proprio sul terreno fertile dell’immigrazione, dopo l’irrigidimento dell’elettorato all’apertura delle frontiere nel 2015 decisa da Angela Merkel per accogliere un milione di rifugiati dalla Siria.
Seehofer di buon grado sta guidando queesta ribellione, che però, portata all’estremo, può far crollare tutto il castello, la GroKo. L’escalation di questi ultimi giorni ha dato nettamente l’idea che il dissidio tra la Merkel e lo storico leader della Csu possa andare fuori controllo, marcando una frattura tra i membri di una coalizione rara in Germania, che trova un precedente risalente all’era di Kohl e del quale i tedeschi si erano dimenticati. Seehofer si è subito fatto conoscere appena ha messo piede al ministero degli interni, aggiungendo al nome del dicastero il termine Heimat, che significa “patria” intesa come un posto dove ti senti a casa.
Seehofer ha continuato ad andare avanti per la sua strada senza esitazioni, sapendo che la Merkel era occupata in altre faccende spinose, in casa con il Dieselgate, in Europa con Brexit e l’agenda delle riforme di Macron, i dazi di Trump, le incandescenze di Erdogan. Così Seehofer ha acceso un’altra miccia, rilanciando il tema dell’immigrazione usando come pretesto le presunte irregolarità di un ufficio di Bremer che si occupa di autorizzazioni e che avrebbe concesso asili politici a chi non li meritava. Ora, proprio alla vigilia del Summit europeo, non a caso il leader Csu ha messo sul tavolo il suo jolly: lo scorso martedì avrebbe voluto presentare un “masterplan” sull’immigrazione, 68 pagine di regole, i cui contenuti principali sono stati sapientemente fatti emergere prima, per testare la Merkel, la quale ha bloccato l’iniziativa sul nascere, lo scorso lunedì. Il progetto Seehofer è stato pubblicizzato quasi fosse avallato da un’alleanza tra la Csu, Matteo Salvini e il cancelliere austriaco Sebastian Kurz che l’ha definita «un asse italo-austriaco-tedesco». Il grande piano contiene due interventi di chiusura delle frontiere (non si concede la richiesta di asilo in Germania a chi è stato controllato e accolto da altri Paesi e si rifiuta l’asilo a chi ne ha già fatto domanda in Germania senza ottenerla) inaccettabili per la cancelliera che ambisce invece a chiudere un accordo europeo. 
Nonostante i tentativi di mediazione dei giorni scorsi, Seehofer minaccia già da lunedì di andare allo scontro finale, richiedendo un voto in parlamento che potrebbe attirare l’ala più di destra della Cdu. La Merkel sarebbe messa in minoranza e perdendo il voto di fiducia si aprirebbe la crisi politica con la caduta della GroKo. «Lunedì sarà una giornata decisiva»: la Merkel intanto ha chiamato in suo soccorso Wolfgang Schauble, suo fedele alleato ma anche contrario all’apertura al milione di rifugiati. 
Il braccio di ferro tra Merkel e Seehofer va oltre la politica: ha alla radice un problema personale tra i due leader politici, emerso con ruvidi atteggiamenti già nel 2015 quando la cancelliera aprì le frontiere della Germania a un milione di rifugiati dalla Siria e il capo della Csu la contrastò aspramente, incolpandola di andare contro la legge: “il governo dell’illegalità”, le rinfacciò. Ed è quindi ora il momento per colpire più duro Merkel perché assediata su più fronti. Nella Cdu, il ribelle Jens Spahn che guida l’ala più a destra del partito e che la Merkel ha tentato di zittire mettendolo a capo dello spinoso ministero della Sanità, flirta apertamente con il neo-ambasciatore americano in Germania Richard Grenell, trumpiano doc e grande provocatore (si è già fatto molti nemici sostenendo di adoperarsi per rafforzare la destra in Germania). Mettere la cancelliera in difficoltà proprio due settimane prima del Summit europeo è un colpo basso che può portare i suoi frutti. Neanche l’orizzonte più lontano è sereno per Angela Merkel: una nuvola nera si addensa minacciosa e, se tutto dovesse andare nel peggiore dei modi, sarebbe la fine della carriera politica della quattro-volte-cancelliera: sono in corso due indagini parlamentari e un’investigazione sugli errori fatali dei servizi segreti tedeschi sul caso di Anir Amir, il terrorista responsabile dell’attacco a Berlino il natale del 2016. Secondo i partiti dell’opposizione verdi, liberali ed estrema sinistra, potrebbero emergere delle prove schiaccianti contro la Merkel, che avrebbe taciuto la verità al parlamento, avrebbe omesso volontariamente delle informazioni a lei note o avrebbe mentito.