Corriere della Sera, 15 giugno 2018
Rahul, luminare anti Sla colpito dalla malattia che cerca di combattere
Radiologo innamorato della genetica che ha studiato con passione per anni, rivelatosi già giovanissimo uno scienziato capace come pochi di applicare le tecniche di big data alla ricerca medica, Rahul Desikan, dopo gli studi a Boston e una prima esperienza accademica a San Diego, tre anni fa era stato accolto dalla University of California di San Francisco come una star: una punta di diamante nella ricerca per combattere le malattie neurodegenerative.
E lui si era tuffato subito in studi ed esperimenti su varie patologie a cominciare dalla Sla: la sclerosi laterale amiotrofica resa famosa da Lou Gehrig e della quale ha sofferto per decenni Stephen Hawking, fino alla sua morte, tre mesi fa.
Un anno e mezzo fa Rahul ha cominciato a denunciare cali di voce e sintomi di affaticamento muscolare che, dopo mesi di accertamenti inconcludenti, hanno portato a una diagnosi tremenda: lo scienziato è stato colpito dalla stessa malattia che sta cercando di combattere, la Sla. Tutt’altro che rassegnato, il giovane accademico ha cercato rimedi di ogni tipo, dai farmaci sperimentali all’agopuntura, facendo anche incursioni nella medicina alternativa dell’India e a Dubai. Tutto inutile: nel giro di pochi mesi la sua paralisi è divenuta quasi totale. Oggi Desikan, da tempo impossibilitato a parlare e camminare, riesce a muovere solo un pollice e un po’ il collo.
Cosa che non gli impedisce di continuare le sue ricerche scientifiche con l’aiuto degli assistenti del suo team. Comunica con loro con tecniche simili a quelle utilizzate da Hawking: lui compone i testi usando il pollice e un mouse legato alla sua fronte. Una fatica enorme, ma da quando è stato colpito da questa malattia ha prodotto, insieme al suo team, 25 documenti scientifici sulla schizofrenia, il Parkinson e l’Alzheimer. E due mesi fa, ad aprile, i suoi ricercatori hanno scoperto due geni legati alla Sla: un passo avanti giudicato fondamentale per la comprensione dei meccanismi di questa tremenda malattia.
Scienziato che fino a poco tempo fa aveva davanti a sé orizzonti illimitati, Rahul ha confessato a un giornalista del Washington Post che è andato a intervistarlo la sua rabbia per quanto gli è capitato e anche la sua perdita di fede religiosa («quale dio può fare una cosa simile?»). Ma ha affermato anche la sua determinazione ad andare avanti senza sosta, finché potrà, nei suoi studi. Assistito da colleghi e amici e dalla moglie, anche lei medico della University of California e madre di due bimbi ancora molto piccoli.
Desikan non si salverà grazie alle sue scoperte scientifiche: i pazienti con la sua patologia raramente sopravvivono più di cinque anni. Ma le sue intuizioni geniali nell’incrociare genetica, neuroradiologia e tecniche informatiche possono produrre, nel tempo che gli resta da vivere, scoperte importanti nella ricerca sulle malattie neurodegenerative. Importanti forse quanto quelle fatte in campo astronomico da Hawking, sopravvissuto a lungo, e contro ogni previsione, alla Sla.
Quando è scomparso, tre mesi fa, a 76 anni, molti tra gli accademici dell’università di San Francisco hanno pensato proprio a Desikan come a un possibile, nuovo Hawking. Lui per ora continua la sua lotta contro questa malattia che distrugge le cellule nervose che controllano il movimento dei muscoli e che negli Usa colpisce ogni anno seimila persone.
Tutti i giorni i ricercatori del team arrivano a casa sua: scherzano, gli fanno ascoltare musica, portano cibo, ma soprattutto sfruttano la sua capacità di scavare nei dati per cercare di determinare i fattori genetici comuni di diverse patologie. Un lavoro complesso basato sulle informazioni relative a circa 70 mila pazienti.
Qualche tempo fa Desikan, insieme a un altro ricercatore, ha dimostrato con uno studio partito da un campione ancora più ampio, 120 mila individui, che la Sla è legata a una malattia chiamata demenza frontotemporale, mentre non ha rapporti con l’Alzheimer e il Parkinson. Un piccolo passo. Rahul spera di avere il tempo di farne molti altri.