Corriere della Sera, 15 giugno 2018
E London conquistò San Francisco. La prima sindaca «black» della città
WASHINGTON A San Francisco, la comunità afroamericana è solo il 5% della popolazione. Anche per questo l’elezione della prima sindaca «black» è un fatto storico per una delle città più liberal degli Stati Uniti. London Breed, 43 anni, ha vinto il derby tra candidati democratici, sconfiggendo Mark Leno, ex senatore nel Parlamento californiano.
Breed ha impostato la campagna sull’emergenza ormai strutturale per gli 870 mila abitanti di San Francisco. Lo sviluppo tumultuoso della Silicon Valley e dell’economia californiana ha sconvolto gli equilibri sociali della metropoli. L’effetto più vistoso: i prezzi delle case sono aumentati in modo esponenziale, costringendo le famiglie delle fasce medio-basse a spostarsi verso i sobborghi. Nello stesso tempo le strade sono sempre più il rifugio dei senza tetto, nonostante l’allestimento di nuovi centri di accoglienza.
La soluzione proposta da London è semplice: dobbiamo rivedere l’urbanistica e, soprattutto, costruire di più. Una linea appoggiata da un nuovo movimento, l’«Yimby», che significa «Yes in my back yard»: sì nel mio cortile, in opposizione al «Nimby», la corrente d’opinione contraria alla costruzione di qualsiasi opera sotto casa.
Il modello Breed si aggiunge ai prototipi politici che stanno emergendo nell’anno del voto di mid-term negli Usa e in vista delle presidenziali del 2020. La nuova sindaca non rinnega la tradizione di apertura: San Francisco rimarrà una «città santuario», pronta a concedere asilo e riparo agli immigrati, nonostante la stretta decisa a Washington da Donald Trump. Ma, ed è qui la novità più interessante, la metropoli deve attrezzarsi, sacrificando un po’, se sarà necessario, la bellezza del paesaggio.
London Breed conosce bene il tema. Lo ha vissuto in prima persona. È cresciuta con sua nonna nelle case popolari di Western Addition, uno delle zone più povere, abitata dal Dopoguerra soprattutto dai neri. «Tiravamo avanti con 900 dollari al mese», ha raccontato Breed. Una delle sue sorelle è morta per overdose; un fratello è in prigione. London si è fatta largo in un ambiente segnato, come minimo, dall’emarginazione. Si è diplomata alla Galileo High School, poi si è laureata all’University of California e infine ha conseguito un Master in amministrazione pubblica all’University of San Francisco nel 2012. Incrocia la politica nel 1999, partecipando alla campagna per la rielezione dell’allora primo cittadino Willie Brown. Entra nell’amministrazione pubblica come direttrice esecutiva dell’«African American Art & Culture Complex» nel 2002. Dieci anni dopo viene eletta «supervisore» del Quinto Distretto, che comprende anche il suo vecchio quartiere di Western Addition.
Il suo è un percorso totalmente immerso nel territorio, un po’ defilato dalle manovre nel partito democratico. Anche per questo, quando il 12 dicembre scorso, muore il sindaco in carica Ed Lee, nessuno pensa che possa toccare a London. Salgono, invece, le quotazioni di Mark Leno, 66 anni, politico da apparato con vent’anni di esperienza, apertamente gay e dunque sostenuto dagli omosessuali, una lobby influente a San Francisco.
A gennaio, però, Breed decide di farsi avanti. Una nera di Western Addition contro uno degli eredi di Harvey Milk, il militante assassinato il 27 novembre 1978, il simbolo della lotta contro le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale. Sarebbe stata, comunque, una prima volta: San Francisco non ha mai avuto un sindaco apertamente gay. Ma toccherà a London e, a quanto sembra dalle prime dichiarazioni, sarà facile ricucire. L’altro ieri Leno le ha subito concesso la vittoria quando mancavano novemila schede da scrutinare. Breed ha risposto come doveva: «Sarò la sindaca anche di chi non mi ha votato».