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 2018  giugno 15 Venerdì calendario

Stop alle top model, ora sfilano droni e robot

«Trovo divertente e provocatoria l’idea di proporre una sfilata con i droni al posto delle modelle, ma non credo possa diventare una consuetudine: abiti e accessori sono fatti per essere indossati da persone in carne ed ossa». Non ha dubbi Alessandro Bertini, direttore dell’Istituto Modartech di Pontedera, dopo aver assistito via web alla sfilata di abiti appesi ai droni che la scorsa settimana all’Hilton di Gedda in Arabia Saudita ha fatto registrare l’assenza totale delle modelle. «Non penso sia una strada percorribile e sinceramente non ne vedo nemmeno la necessità», precisa. Questo non toglie però che moda e robotica vadano più che d’accordo, ma il terreno di incontro sembra essere un altro: «Il nostro istituto attraverso i corsi di moda, design e comunicazione da sempre collabora con quello di biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa: penso alle potenzialità nel campo dell’alta sartorialità abbinata alla tecnologia, che oggi dà vita a abiti robotici indossabili, protesi personalizzate, indumenti sensorizzati», spiega Bertini.
Gli abiti fantasma portati in passerella dai droni non erano di fatto piaciuti neanche ad Alia Khan, la presidentessa del Consiglio islamico per la moda e il design negli Emirati Arabi, che ha dichiarato alla Cnn: «Quando si vedono abiti che volano in aria non c’è nulla di affascinante o di attraente: si perde la forma, il capo è semplicemente appeso al drone».
ANTESIGNANI
Ma i droni erano già saliti su una passerella, per di più italianissima: li avevano voluti lo scorso febbraio Domenico Dolce e Stefano Gabbana per presentare in volo le nuove borse Devotion. E in tempi non sospetti, nel 1999, fu l’inglese Alexander McQueen che lasciò di stucco il pubblico con due robot che spruzzavano vernice gialla e nera sull’abito indossato da Shalom Harlow in carne e ossa. «Rinunciando provocatoriamente al controllo totale sulla sua creazione, con quella leggendaria sfilata lo stilista dimostrò di aver intuito la collaborazione su un piano artistico ed estetico, tra uomo e robot», spiega Amelie Klein, curatrice di Hello, Robot. Design between Human and Machine, l’imponente mostra che al Gewerbemuseum di Winterthur in Svizzera (fino al 4 novembre 2018) indaga sull’evoluzione della robotica e sul suo impatto sociale.
«Che piaccia o no la tecnologia è dappertutto, ha cambiato il mondo e ha reso la vita più facile», ha detto Karl Lagerfeld in occasione della collezione Chanel Pe 2017, non a caso intitolata Intimate technology. «Non è una tecnologia senz’anima, condivide la nostra intimità come una corazza per il mondo esterno» precisava lo stilista affidando l’iconica giacca in tweed della Maison a robot venuti dal futuro.
A BRACCETTO
Non solo provocazioni. Sembrerebbe davvero che i robot siano destinati a diventare i migliori amici degli stilisti, con buona pace delle modelle. Se l’è cavata bene la super top model Irina Shayk, che in apertura dello show autunno inverno 2018/2019 di Philipp Plein, ha dato il braccio a un gigantesco robot, lui decisamente poco chic. La giapponese Kyunkun ha voluto rendere la robotica indossabile: le sue braccia meccaniche si infilano sulle spalle come se fossero uno zaino e si controllano tramite lo smartphone. A cosa servono? A niente per sua stessa ammissione, sono solo un accessorio estetico. Il senso del bello robotico va anche in copertina: il magazine inglese Stylist ha dedicato il numero di gennaio a Sophia, un androide in gomma siliconica, bob biondo e una vaga somiglianza con Audrey Hepburn. Sophia posa ammiccante per il servizio fotografico vestita di tutto punto, vede attraverso due microcamere installate negli occhi, e grazie a un software è in grado di dialogare con chi le sta davanti.
Modelle addio? «Sta al nostro buon senso non annegare in un eccesso di tecnologia», dice Bertini di Modartech. Mentre ulteriori sorprese potrebbero arrivare dal prossimo Festival della Robotica che dal 27 settembre al 3 ottobre trasformerà Pisa nella città dei robot, quelli buoni, amici dell’uomo e della moda, si spera.