Corriere della Sera, 13 giugno 2018
Valencia fa i conti: «Solo 8 letti liberi nei centri profughi»
VALENCIA Su ogni balcone del secondo e terzo piano sono appesi ad asciugare decine di panni. La visita all’interno conferma la prima impressione. Le stanze sono piccole, una decina di metri quadrati, con i pavimenti interamente coperti da sei brandine. Al Centro di accoglienza per rifugiati non c’è spazio per uno spillo, figurarsi per 629 nuove anime. «Abbiamo fatto i conti questa mattina» racconta un volontario. «Al massimo possiamo prenderne otto».
Mislata è una città appena fuori Valencia, a tutti gli effetti una sua periferia, nota per essere il luogo più popoloso di Spagna in rapporto alla superficie. Ma nessun luogo è più costipato di questo palazzone che fu un ostello studentesco e nel 2012 cambiò destinazione d’uso per via della sua vicinanza all’autostrada e alle strade di grande transito.
I riconoscimenti internazionali piovuti sulla città e sul Paese che si offerto di accogliere i profughi che viaggiano a bordo dell’Aquarius non cancellano i problemi. Nel solo mese di maggio sulle coste dell’Andalusia sono sbarcati 3.400 migranti, più del doppio dell’ultimo anno. «Tutti quelli che non sono venuti da voi» scherzano i volontari della struttura che dovrebbe essere la principale destinazione dei nuovi arrivati, non fosse che è già piena.
L’unica cosa certa è che la prima notte sarà in un luogo famoso in tutto il mondo. Al suo arrivo, nella notte tra venerdì e sabato, l’Aquarius verrà fatta attraccare alla Marina Real, il molo riservato alla crociere del porto di Valencia. I 629 profughi saranno portati in autobus fino all’antica base di Alinghi, dove sorgevano il cantiere e la base operativa della barca a vela svizzera che nel 2007 scelse Valencia per giocarsi la Coppa America conquistata quattro anni prima, un evento che per la capitale della costa orientale spagnola fu il volano per il rilancio della città e per la sua definitiva trasformazione in meta turistica.
La Commissione mista varata per l’occasione ha deciso che quella spianata di asfalto, sulla quale sorge una struttura simile a un fortino, ancora oggi recintata da reti metalliche e filo spinato, era l’unico spazio sufficientemente grande per i servizi di prima accoglienza. Da questa mattina gli operai della municipalidad cominceranno a montare centinaia di tende. La vice presidente della Comunitat valenciana Mónica Oltra ha fatto sapere di aver chiesto ai volontari dell’Aquarius un rapporto sulle condizioni di ogni occupante della nave. «Abbiamo preso un impegno, abbiamo fatto una promessa, e li rispetteremo fino in fondo».
Neppure nella civile e ospitale Valencia c’è posto per tutti i profughi dell’Aquarius. La seconda fase dell’operazione è ancora tutta da scrivere. Con numeri piuttosto incerti. Il piano di emergenza della Regione valenciana varato durante la crisi umanitaria siriana nel 2016 prevedeva l’accoglienza definitiva in novanta case di proprietà del Comune che al momento sono tutte occupate, così come i 192 posti letto in abitazioni private e i 133 assegnati ai migranti nelle case comunità. Le altre sistemazioni, in edifici abbandonati, vennero denunciate dalle organizzazioni umanitarie e rifiutate dal governo centrale perché mancavano i requisiti minimi di vivibilità e igiene. Sarebbe prevista anche la requisizione di seicento stanze in alberghi e hotel. Ma siamo a giugno, l’estate è alle porte, in una città turistica divenuta meta privilegiata di ogni compagnia aerea low cost.
La fase del buon cuore e della concordia spagnola è destinata a finire non appena le luci puntate da tutto il mondo su Valencia si spegneranno. Qualche segnale si intravede già. «Bisogna seguire il cuore ma ascoltare anche la testa» ha detto ieri Isabel Bonig, segretaria del Partito popolare valenciano, oggi all’opposizione. Il governo di Pedro Sánchez sta vagliando le offerte che arrivano da altre città e da altre regioni. «Non è detto che rimarranno tutti qui» afferma la vicepresidente Oltra, che riconosce come ci siano ancora dubbi sullo status da assegnare ai profughi, se rifugiati oppure migranti illegali. Nel secondo caso, i quattro Centri di accoglienza per stranieri della regione sono saturi.
Sul campo di basket davanti al Centro dei rifugiati stanno giocando alcuni ragazzi palestinesi. «Ma dove finiranno davvero i ragazzi dell’Aquarius?» chiede uno di loro. E chi lo sa.