Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  giugno 09 Sabato calendario

Ritratto di Giuseppe Busia, futuro segretario generale di Palazzo Chigi

La prima scelta di Giuseppe Conte per palazzo Chigi è proprio di Giuseppe Conte. Non di Luigi Di Maio, non di Matteo Salvini. Il presidente del Consiglio ha indicato l’avvocato Giuseppe Busia, sardo di Nuoro, classe ’69, avvezzo da vent’anni al potere romano, per il ruolo di segretario generale di palazzo Chigi. Busia è già segretario generale, ma all’Autorità per la Privacy con i vertici in scadenza di mandato, in un compito neanche paragonabile alla più complessa e fragile macchina di governo. 
Il giovane pensionato Paolo Aquilanti (58 anni), segretario generale uscente e perlopiù assistente personale di Maria Elena Boschi, ieri ha ricevuto Busia con la gentilezza del burocrate e l’ha accompagnato nell’escursione turistica di Chigi. 
Il presidente Conte è al G7 in Canada, ma sempre ieri – di soppiatto – Aquilanti ha salutato i colleghi di palazzo Chigi. Paolo ha già un buon rifugio: il consiglio di Stato, il posto che Boschi gli ha procurato e conservato. Il legame fra Conte e Busia è professionale e, per semplificare, confessionale. Anche Busia frequenta Villa Nazareth, che da decenni tramanda lo spirito di comunità del cardinale Domenico Tardini, il collegio universitario dove si formano le menti del cattolicesimo democratico e dove pure Conte è cresciuto. Busia non è estraneo al ramificato sistema di rapporti di Guido Alpa, l’ex capo del consiglio nazionale forense, mentore del premier. Il prossimo segretario generale – manca solo la nomina ufficiale – è l’esatto opposto dei riferimenti del governo gialloverde.
Busia assaggia la politica con Francesco Rutelli, che lo nomina vicecapo di gabinetto al ministero della Cultura durante l’ultimo governo Prodi. Assieme a Salvatore Vassallo e Stefano Ceccanti, in una stagione che sembra archeologia politica, Busia contribuisce a definire le regole per le primarie del Partito democratico ancora in gestazione. Era il 2007. Cinque anni più tardi, il presidente Antonello Soro – il primo capogruppo dem a Montecitorio – lo arruola per la Privacy con l’assenso del collegio dell’Autorità: la leghista Giovanna Bianchi Clerici, Augusta Iannini (già magistrato e moglie di Bruno Vespa) e la professoressa Licia Califano. Busia ha rivestito l’identico incarico all’Autorità degli appalti pubblici – adesso confluita nell’Anac di Raffaele Cantone – all’epoca di Sergio Santoro. Busia non è scoperto sul fronte Colle, non soltanto perché era tra i papabili collaboratori di Sergio Mattarella. La moglie Claudia Di Andrea – vicesegretario generale della Camera con Laura Boldrini – fa parte della fucina di funzionari allevati da Ugo Zampetti, il segretario generale del Quirinale, forse l’unico interlocutore rimasto ai Cinque Stelle e anche abbastanza indebolito dalle fallimentari strategie post elettorali. 
Busia ha scritto più volte per Astrid, la fondazione creata da Giuliano Amato e Franco Bassanini e, qualche anno fa, ha firmato un testo con un titolo per tanti versi premonitore, “L’uovo di Mattarella”: “E se tornassimo al Mattarellum? E se, dopo l’approvazione del Porcellum, provassimo a riportare le lancette dell’orologio elettorale indietro di un sistema? (…) Il ritorno al sistema elettorale figlio del referendum del 1993 è probabilmente la soluzione che potrebbe, da un lato, mettere d’accordo il maggior numero di soggetti politici e, dall’altro, assicurare un funzionamento più che soddisfacente del nostro sistema politico-istituzionale. Si ritiene che tale soluzione rappresenti il classico uovo di Colombo, o se si preferisce di un più moderno ‘uovo di Mattarella’”. Conte ha indugiato su Busia per qualche giorno in un sottile gioco di attese col sottosegretario Giancarlo Giorgetti. Il candidato principale per la guida di Chigi, per i leghisti, era Vincenzo Fortunato, l’uomo di Giulio Tremonti al Tesoro. Il presidente ha trattenuto Aquilanti per una settimana, ma nel frattempo – come testimoniano autorevoli fonti – ha usufruito dell’aiuto di Busia anche per il discorso di fiducia al Parlamento. Con Paolo Gentiloni c’erano Chigi 1 (il suo) e Chigi 2 (quello di Boschi e Aquilanti). Con il prof Conte – se non funziona la coabitazione con i vice Di Maio e Salvini – rischia di nascere Chigi 3. Nel caso, c’è Busia.