Corriere della Sera, 9 giugno 2018
L’ex pastorello con il rinvio record che sfiderà CR7
Due pianeti lontani anni luce che si toccano. Il 25 giugno a Saransk succederà in Portogallo-Iran. Da una parte ci sarà l’universo di Cristiano Ronaldo, capitano, bomber, milionario uomo immagine di se stesso e della Nazionale campione d’Europa. Dall’altra ci sarà il piccolo mondo di Alireza Beiranvand, portiere del Persepolis e dell’Iran, che si candida a capo indiscusso dei personaggi da romanzo del Mondiale.
Nato in una famiglia di pastori nomadi della regione montagnosa del Lorestan, Alireza cresce in un villaggio (Sarab-e Yas) di 1200 anime. E la sua storia, raccontata dagli inglesi del Guardian, sembra un film. La prima scena è popolata dal gregge di pecore che il ragazzino deve aiutare a pascolare. E dalle pietre lanciate col braccio destro, per gareggiare con gli amici: un’attività che qualche anno dopo contribuirà a renderlo uno specialista assoluto nei rinvii con le mani.
Ma prima che Beiranvand diventi titolare indiscusso della squadra affidata ancora al portoghese Queiroz, con 12 partite senza gol subiti nel cammino delle qualificazioni, la strada è molto lunga. E accidentata. A 12 anni capisce che gli piace davvero fare il portiere, ma il padre si oppone, perché le braccia servono per lavorare, non per giocare: «Mi distruggeva i guanti, ma io giocavo a mani nude», racconta il ragazzo, uno che non si scoraggia facilmente. Fuggito a Teheran, grazie ai soldi prestati da un parente, Alireza incontra in pullman un allenatore che lo arruola, ma per il provino vuole dei soldi (l’equivalente di 35 euro), che il ragazzo non possiede. Che problema c’è? L’ex pastorello dorme con altri migranti all’ombra della torre Azadi, dribblando anche i malintenzionati, finché si decide a pernottare davanti al portone della squadra per cui vuole giocare (il Naft), raccogliendo involontariamente anche gli spiccioli per la colazione, come un mendicante. Alla fine il provino si fa (gratis) e Beiranvand lo supera.
Però deve pagarsi da vivere: fa l’operaio nella fabbrica tessile del padre di un compagno. Poi lava le macchine, con una specializzazione per i Suv, vista l’altezza (oggi è 1,92): quando all’autolavaggio si ferma Ali Daei, il Maradona del calcio persiano, gli amici gli dicono di farsi «raccomandare», ma lui si vergogna. E intanto cambia squadra e ancora lavoro: vende pizze, ma quando in negozio si presenta l’allenatore, lui cerca di imboscarsi nel retrobottega per non farsi riconoscere. E il padrone lo caccia. Allora il nostro eroe si dedica alla pulizia delle strade, ma perde il posto nel Naft perché cerca di spuntare un contratto in un altro club, che però non glielo concede. Quando il sogno sembra ormai imprendibile, Alireza viene richiamato dal Naft Under 23, col quale comincia a fare sul serio, entrando nel giro della Nazionale giovanile: il suo rinvio di braccio, che può raggiungere anche i 70 metri, diventa un’attrazione. E nel 2015 gli apre le porte del «Team Melli» (il soprannome della Nazionale), reduce da un ottimo Mondiale in Brasile. Beiranvand è tra i grandi protagonisti nelle qualificazioni e ora affronterà il Marocco di Benatia, la Spagna di Iniesta e il Portogallo di Ronaldo: «Non dimentico le difficoltà che ho affrontato per realizzare i miei sogni, perché mi hanno reso quello che sono». Un portiere con le spalle (molto) larghe.