Corriere della Sera, 9 giugno 2018
Ritratto della viennese Karin che parla l’arabo e striglia Merkel
È cresciuta in Giordania, con un padre pilota e istruttore nell’aviazione di re Hussein. Ha studiato all’Università Ebraica di Gerusalemme. Parla arabo ed ebraico (e altre sei lingue, tra cui l’italiano). Insegnava in Libano, dove da ragazza s’è innamorata di un cristiano maronita. E per la sua autobiografia si è scelta un titolo che è tutto una vita: «Il mio Medio Oriente». Karin Kneissl, 53 anni, ha una piccola fattoria a sud di Vienna ma gli interessi della ministra degli Esteri battono sulla sponda sud del Mediterraneo. Dove (prima di andare al governo nel dicembre scorso) è riuscita a far arrabbiare (quasi) tutti.
Le primavere arabe e i suoi fuoriusciti? Per lei sono il prodotto di quella massa di giovani poveri «pieni di testosterone» che non riescono a trovarsi una moglie in patria. In un attacco chimico attribuito ad Assad in Siria Kneissl ha visto lo zampino dell’intelligence turca. Di Theodor Herzl e del movimento sionista che portò alla nascita dello Stato di Israele ha scritto che si ispiravano all’ideologia nazionalista del «Blut und Boden», sangue e terra, tanto cara al nazismo. Anche in Europa l’esperta del settore energetico non ha usato i guanti, criticando per esempio Angela Merkel per i suoi selfie coi migranti. D’altra parte, il motto che si è scelta su Internet è un aforisma poco diplomatico di Seneca: «Preferisco molestare con la verità che compiacere con le adulazioni». Uno slogan che si addice appunto a un’analista «indipendente», come ama definirsi, e/o alla faccia più aperta e «pontiera» dell’Austria all’estero?
Proprio nella sua veste di «indipendente», arabista e poliglotta, Karin Kneissl dovrebbe rappresentare il volto meno controverso del Partito della Libertà, il braccio più nazionalista della coalizione di governo che l’ha proposta per il ministero degli Esteri. Il suo leader, Heinz-Christian Strache, la vedeva bene anche alla presidenza della Repubblica, prima di scegliere un altro candidato, Norbert Hofer, sconfitto per un soffio dall’ecologista Alexander Van der Bellen. E quando quest’ultimo, dopo la vittoria del centrodestra alle politiche dello scorso ottobre, pose il veto su una serie di big Fpö, il vice-cancelliere Strache giocò la carta Kneissl che paragona al socialista Bruno Kreisky, campione della neutralità austriaca da Guerra Fredda.
Pacata, a tratti soporifera (l’opposto di una Marine Le Pen) la ministra che parla otto lingue (sta studiando il cinese) e ha passato otto anni nei ranghi bassi della diplomazia austriaca di fine ’900 (in Spagna ha fatto maturare una simpatia per l’indipendenza catalana) oggi persegue una diplomazia «che consiste nel creare un clima adeguato – così ha raccontato al Financial Times – in cui discutere dei temi più delicati». Seneca e le sue affilate verità possono attendere. Tanto, delle questioni spinose legate all’Europa si occupa direttamente il cancelliere Kurz. Lei prepara il clima. E dice di voler lanciare ponti tra Est e Ovest: Putin, Orban. Il russo no, ma l’ungherese lo mastica bene.