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 2018  giugno 09 Sabato calendario

Un italiano su due apprezza Conte. Consensi oltre il bacino M5S-Lega

L’esordio del nuovo governo presieduto da Giuseppe Conte ha un buon livello di apprezzamento da parte dei cittadini, che fa da contraltare all’aspro dibattito che ha fatto seguito alla presentazione dell’esecutivo al Senato e alla Camera.
Un italiano su due (49%) lo gradisce molto (27%) o abbastanza (22%), mentre uno su tre poco (11%) o per nulla (22%) e il 18% sospende il giudizio. Si tratta di un gradimento che va al di là del bacino elettorale del M5S e della Lega che alle Politiche hanno ottenuto il voto da parte del 35,3% degli italiani (50,1% dei voti validi) e, stando ai sondaggi più recenti, verrebbero votati dal 39% degli elettori (58% dei voti validi). Infatti, oltre all’immaginabile consenso da parte degli elettori delle due forze della maggioranza, si registra il gradimento del 42% degli elettori di Forza Italia e il 37% degli elettori di tutti gli altri partiti di opposizione, con l’eccezione dei dem, tra le cui fila solo il 14% esprime una valutazione positiva a fronte di un 73% di pareri negativi. 
L’indice di gradimento, calcolato escludendo coloro che non esprimono un giudizio, si attesta a 60 e risulta sostanzialmente in linea con la maggior parte dei governi che lo hanno preceduto, se si eccettuano il governo Prodi (indice 54), nato dopo il famoso «pareggio» alle elezioni del 2006, e il governo Gentiloni che all’esordio fu penalizzato dalla continuità con il governo Renzi e dall’aspettativa delusa di elezioni da parte di coloro che avevano votato No al referendum costituzionale.
Il presidente Conte ottiene un gradimento analogo a quello del suo esecutivo (48% giudizi positivi e 36% di negativi) ma un italiano su quattro (24%) non è in grado di esprimere una valutazione.
Tra i provvedimenti previsti dal contratto di governo, quelli che si vorrebbe venissero realizzati con maggiore urgenza sono innanzitutto le misure di controllo dei flussi migratori e di contrasto alla clandestinità (37%) e le modifiche alla riforma Fornero (32%), seguiti dagli interventi sul Jobs act (21%), dall’introduzione della flat tax (16%); chiudono la graduatoria il reddito di cittadinanza e la cosiddetta «pace fiscale», entrambi al 12%, mentre quasi un italiano su quattro (23%) dichiara di non gradire nessuno degli interventi elencati. 
Da ultimo, il sondaggio odierno fa registrare una limitata fiducia (36%) nella possibilità che il programma possa essere realizzato senza mettere a rischio la tenuta dei conti pubblici. 
Il consenso che accompagna il neonato governo Conte va principalmente ricondotto a tre ragioni: la prima riguarda la fine della lunga fase di stallo istituzionale che aveva alimentato una situazione di incertezza sul futuro e acuito le già diffuse preoccupazioni degli italiani per la situazione economica personale e del Paese. La seconda riguarda l’apprezzamento trasversale di alcuni dei temi previsti nel programma del governo: è infatti interessante osservare come, sia pure con accentuazioni diverse, alcuni provvedimenti siano auspicati anche dagli elettori dell’opposizione, compreso quelli del Pd (che appaiono i più distanti dall’attuale esecutivo) una parte dei quali non sembra disdegnare il contrasto all’immigrazione clandestina, le modifiche alla Fornero e al Jobs act (quest’ultimo in misura addirittura superiore ai leghisti). Infine, come più volte sottolineato, l’esecutivo gialloverde nasce all’insegna del cambiamento. L’ennesimo, verrebbe da dire. Ed è proprio sulla percezione di cambiamento che si giocherà il consenso futuro a governo, premier, forze politiche della maggioranza e loro leader. Da un lato perché non è sembrato chiaro in che cosa si sostanzi il cambiamento reclamato dagli elettori (di contenuti? di leader? di prassi politiche? di stile comunicativo?), dall’altro perché il contratto di governo appare davvero ambizioso sia per la tenuta dei conti pubblici che per le priorità dei provvedimenti da adottare che risultano un po’ diverse nei due differenti elettorati della maggioranza.
Ma non è affatto detto che l’eventuale mancato rispetto del contratto possa determinare una repentina perdita di consenso, come conseguenza della delusione per le aspettative suscitate. In precedenti circostanze infatti la mancata realizzazione del programma è stata gestita in chiave politica e di contrapposizione identitaria. Il ricorso a argomenti del tipo: «non li lasciano lavorare»», «hanno troppi nemici», «non sono responsabili della situazione che hanno ereditato», «in ogni caso sono meglio degli altri», ha consentito di limitare i danni.