http://www.lettera43.it/it/articoli/politica/2018/06/09/foglio-conte-editore-direttore/220923/, 9 giugno 2018
AFFANGOOGLE IL LAVORO, MEJO LA PENSIONE - LARRY PAGE E SERGEI BRIN CHE LASCIANO GOOGLE SONO SOLO GLI ULTIMI MILIONARI “BIG TECH” A TIRARE I REMI IN BARCA - ANCHE SE GLI ALTRI CASI SONO DIVERSI: BILL GATES HA MOLLATO PER FARE IL FILANTROPO, STEVE JOBS PER IL CANCRO E TRAVIS KALANICK PER LE ACCUSE DI MOLESTIE - I DUE CREATORI DEL MOTORE DI RICERCA NON HANNO MAI AMATO LE NOIE GESTIONALI: MEGLIO LE ISOLE CARAIBICHE – VIDEO -
Massimo Gaggi per il “Corriere della Sera” Pensionati (d' oro) a 46 anni? La prima impressione è questa davanti al ritiro di Larry Page e Sergey Brin da tutte le cariche operative del gruppo che hanno fondato 21 anni fa. Rimangono azionisti di controllo e membri del board che governa le società, è vero, e non sono i primi leader di big tech a ritirarsi.
Ma gli altri casi sono ben diversi: Bill Gates lasciò Microsoft nel 2008 per diventare il leader mondiale della filantropia. Il cofondatore Paul Allen se ne era andato via molto prima: già nel 1982 quando gli venne diagnosticato il mor- bo di Hodgkin (ricevette il 36% delle azioni della società).
Steve Jobs è stato ucciso dal cancro. Steve Wozniak, che fondò Apple con lui nel 1976, andò via anche lui abbastanza presto: nel 1985, quando scoprì, tornando in azienda dopo un incidente aereo, che Jobs si era preso le sue deleghe. Venendo a tempi più recenti, Travis Kalanick è stato costretto due anni fa dagli altri azionisti a lasciare Uber, ma ora sta lanciando altre ambiziose startup.
Il caso di Page e Brin è almeno in parte diverso: i due non hanno mai amato i compiti di gestione ordinaria di un' azienda complessa. Quando erano molto giovani, li avevano delegati all 'adult in the room , Eric Schmidt. Nel 2011 Page aveva ripreso le redini dell' azienda mettendosi a lavorare 80 ore alla settimana, ma la routine l' aveva ben presto logorato. Così nel 2015 i fondatori si erano ritirati al vertice della neonata Alphabet, la capogruppo, lasciando a Sundar Pichai la guida di Google e delle altre attività (come YouTube) che producono la quasi totalità del fatturato.
I fondatori, innamorati della tecnologia e desiderosi di nuove sfide, preferivano dedicarsi a quelle che loro stessi hanno definito other bets , altre scommesse: le auto-robot di Waymo, l' intelligenza artificiale di DeepMind, le biotecnologie di Calico per allungare la vita e altro ancora. Sono le attività di Alphabet che i due potrebbero continuare a seguire anche in futuro.
Magari con meno passione, visto che i sogni di cambiare il mondo si sono scontrati con difficoltà, ritardi e anche qualche insuccesso, dall' auto senza pilota che ancora non arriva dopo molti anni di collaudi, ai Google Glasses (occhiali digitali) lanciati con grande enfasi e poi cancellati.
Forse disamorati dall' ostilità contro le imprese della Silicon Valley e dai contrasti interni coi dipendenti, per Page e Brin è venuto il tempo di godersi i patrimoni gemelli - circa 60 miliardi di dollari ciascuno - da loro accumulati.
Del resto hanno già cominciato: Larry Page da tempo si vede poco in azienda. L' anno scorso, quando non partecipò nemmeno all' assemblea degli azionisti e all' audizione davanti al Congresso che lo aveva convocato, Business Week scrisse che ormai passava più tempo nella sua isola caraibica che in ufficio.
Page, poi, ha comprato uno yacht da 60 metri, Senses, attrezzato per le esplorazioni oceaniche. Gli è costato 45 milioni. Molti, ma la metà di quanto speso da Brin per il suo superpanfilo. Sergey vive come un nababbo, circondato da un team di 47 dipendenti, tra i quali un personal shopper e un ex Navy Seals. I due comunque non staranno con le mani in mano.
Hanno anche loro attività filantropiche, sia pure non della portata di quelle di Bill Gates. E continueranno a essere guidati dalla passione per la tecnologia, anche al di fuori di Google-Alphabet.
Page, ad esempio, è azionista di Tesla, vuole estrarre minerali dagli asteroidi con la società Planetary Resources e ha puntato sui velivoli elettrici personali e gli aerotaxi con altre due società: Kitty Hawk e Cora. Ma vari problemi tecnici (batterie in fiamme, rotture, problemi legali e di sicurezza), hanno portato all' abbandono dei velivoli elettrici monoposto. L'aerotaxi Cora, invece, va avanti, ma Page ha chiamato al capezzale della società chi ne sa più di lui di volo: la Boeing.
2 - BRIN E PAGE, L’ADDIO PER SOGNARE ANCORA Flavio Pompetti per “il Messaggero”
Svolta epocale al vertice di Alphabet, la società ombrello creata cinque anni fa da Google. I due fondatori dell'azienda Sergey Brin e Larry Page si sono fatti da parte, e hanno lasciato il controllo nelle mani dell'amministratore esecutivo Sunder Pichai che loro stessi avevano elevato al controllo di Google. La notizia è stata accolta con favore a Wall Street, dove il titolo Alphabet si è impennato all'apertura delle trattative. Sicché nel giro di poche ore i due imprenditori-inventori 46enni hanno visto i rispettivi patrimoni personali crescere di 1 miliardo di dollari ciascuno.
I LIMITI L'uscita di scena non è una sorpresa: Page e Brin l'hanno programmata probabilmente a partire dalla data del 2 di ottobre del 2015, quando isolarono le attività di Google dalle «Other Bets», le nuove scommesse tecnologiche e crearono Alphabeth. Da una parte il corpo centrale dell'azienda, quello che ha prodotto 137 miliardi di dollari nel 2018 e che vale una capitalizzazione di 900 miliardi.
Dall'altra il sogno di violare ancora una volta i confini dell'universo conosciuto, per scoprire nuovi software e superare i limiti attuali di tutte le scienze umane. I due amici dell'università di Stanford sono riusciti a governare per 21 anni da soli il gigante di proporzioni mostruose, cresciuto dall'idea iniziale di creare un motore di ricerca semplice ed efficiente.
Ci sono riusciti perché avevano personalità complementari. Estrosa e creativa quella di Larry, figlio di una coppia di insegnanti universitari del Michigan; riflessiva e analitica quella di Sergey, giunto negli Usa da bambino con la sua famiglia come rifugiato in fuga dall'Unione Sovietica.
Oggi che Google è diventata una multinazionale con 100.000 impiegati e decine di sussidiarie, hanno lentamente perso l'interesse, e forse la capacità di tenerne le redini. Negli ultimi anni hanno concesso sempre più autonomia a Pichai, un amministratore metodico ed efficace, cresciuto più nella sfera della cultura del management aziendale che in quella della ricerca creativa. I due padri fondatori hanno inseguito progetti stravaganti, come la creazione di un'auto volante, la bicicletta ellittica, e la chimera dell'eterna giovinezza, forse l'immortalità.
LE ESIGENZE Sono entrati nella schiera di tanti altri padri fondatori della Silicon Valley, oggi miliardari e alla ricerca di nuove emozioni creative. Il passaggio di consegne risponde poi ad altre esigenze specifiche, e alle sfide che Google si trova a dover affrontare per difendere la posizione di dominio che ha raggiunto.
Praticamente ogni stato degli Usa e del resto del mondo ha iniziato a mettere in questione il regime di monopolio nel quale l'azienda opera, sia nell'imporre il suo software che nell'accaparrare in modo esclusivo e competitivo la pubblicità disponibile. La commissione antitrust di Washington e il ministero di Giustizia stanno indagando, e presto potrebbero aprire procedimenti che mirano a spacchettare l'azienda per trasformarla in una moltitudine di entità di minor peso sul mercato.
Più in generale presso il pubblico internazionale si sta diffondendo la consapevolezza del valore dei dati personali che ogni giorno siamo chiamati a comunicare volontariamente quando apriamo un sito o utilizziamo un'applicazione, e una sfiducia nei confronti dei giganti dell'Internet come Google che quei dati li raccolgono e li commerciano, a scapito della nostra sicurezza. Page e Brin hanno scrollato le spalle di fronte a questo problema emergente, e si sono dimostrati poco interessati ad affrontarlo, almeno fino a quando il caso è divenuto esplosivo con le udienze congressuali della scorsa primavera. Pichai è l'amministratore che sarà chiamato a risolvere la sfida, e al tempo stesso trovare nuovi moduli di crescita per un'azienda che sembra aver raggiunto il suo massimo potenziale, gigantesco che sia.
LA CONCORRENZA Alle spalle di Google la concorrenza è agguerrita, ma distanziata di larghissima misura. Snapchat si è risollevata dal passo falso del 2017, e punta a raggiungere il traguardo di 300 milioni di utenti. Verizon con la fusione di Aol e Yahoo aspira ad averne 2 miliardi, e la AT&T segue sulla stessa pista. Nessuna tra loro riesce però a scalfire il monopolio di raccolta pubblicitaria di Google e Facebook, e gli affitti dei garage nella Silicon Valley sono diventati troppo esosi per sperare che si stiano partorendo nuovi miracoli di tecnologia.
I due fondatori di Google seguono la scia già solcata da Bill Gates (Microsoft) Larry Ellison (Oracle), Travis Kalanick (Uber), e ieri anche Mark Okerstrom (Expedia) nello scendere dal podio, e diventare, come hanno scritto nel messaggio di addio «Genitori orgogliosi, che offrono consigli e affetto, ma non quotidiane raccomandazioni». A differenza degli altri però, continuano a tenere in tasca un centinaio di milioni di azioni, e una quota del 51% dei voti nell'assemblea degli azionisti che li mantiene al solido controllo delle prossime decisioni. Cosa accadrà se Pichai, come molti osservatori raccomandano, vorrà eliminare le Other Bets, fonte di ispirazione ma anche di spesa deficitaria fino ad oggi?