la Repubblica, 8 giugno 2018
Sulla famiglia la Germania è l’esempio
Ottenuta la fiducia – sepolte metaforicamente le asce dei “vaffa” e delle “ruspe” – ora si dovrà giudicare il governo gialloverde dai fatti. E alla prova dei fatti è chiamato, in particolare, il nuovo ministro della Famiglia, Lorenzo Fontana, noto per le sue convinzioni forti su cosa va considerata famiglia (e cosa no) e su chi ha diritto a misure di sostegno alla natalità ( e chi no). Dopo l’incarico ha ribadito che è necessario dare urgente risposta agli squilibri demografici creati negli ultimi decenni e che cercherà di mettere in campo tutte le risorse che servono per solide politiche familiari. È però importante che tali politiche non siano divisive per essere efficaci e che siano chiare le idee su come indirizzare al meglio le risorse. Fontana ha citato la Francia come Paese a cui ispirarsi, ma a ben vedere potrebbe invece essere la Germania, poco amata da questo governo, l’esempio a cui far riferimento.
Italia e Germania si somigliano dal punto di vista demografico. Gli squilibri passati prodotti dalla denatalità sono simili. Negli ultimi dieci anni hanno però preso strade diverse. Durante la crisi economica la fecondità italiana si è progressivamente ridotta. Viceversa la Germania, che partiva da livelli più bassi dei nostri, nello stesso periodo ha avviato un processo di solido aumento che l’ha portata a uscire dalla condizione di fecondità molto bassa (tasso sotto 1,5 figli) e convergere verso i valori medi europei.
Se quindi guardiamo ai livelli assoluti, la Francia continua a essere la nazione più virtuosa, ma se siamo interessati alle condizioni e alle politiche che permettono la maggiore crescita relativa, la Germania è senz’altro il caso più interessante. Il suo recente successo si deve a vari fattori, in particolare a un forte e deciso piano di potenziamento dei servizi per l’infanzia, che ha consentito in periodo di crisi sia di non rinunciare all’occupazione per chi formava una famiglia, sia di non recedere dalla scelta di avere figli per chi aveva un lavoro. La fecondità delle coppie tedesche è così tornata a salire, ma rilevante è stato anche il contributo delle coppie straniere. Come esito, a fine recessione la Germania si trova con oltre 100 mila nascite annue in più rispetto all’inizio, mentre l’Italia con quasi altrettante in meno.
Interessante è il caso di Berlino. Nelle grandi realtà urbane l’armonizzazione tra tempi di lavoro e tempi di vita risulta più complessa e difficile, è qui soprattutto che si ha quindi la misura dell’efficacia delle politiche realizzate. Grande rilievo ha allora il fatto che nella capitale tedesca l’aumento della fecondità sia stato ancor più favorevole rispetto alla media nazionale. Il numero di figli per donna – che partiva da valori tra i più bassi tra le grandi città europee – negli ultimi dieci anni è salito da 1,29 a 1,56 (arrivando quasi a raggiungere i livelli di Parigi). Un percorso del tutto opposto a Roma, che ha invece accentuato il declino nazionale e risulta tra le aree metropolitane con maggior contrazione della fecondità, scesa nello stesso periodo da 1,52 a 1,33 figli.
Berlino oggi è attraente non solo per le condizioni economiche, ma anche per la qualità della vita e l’attenzione specifica ai servizi per le famiglie. I punti salienti sono: il potenziamento dell’offerta pubblica, l’integrazione flessibile con l’offerta privata (coordinata e monitorata dal governo locale), la continua attenzione alla qualità, la progressiva riduzione dei costi. Alto è anche l’impegno a sperimentare incentivi e strumenti di conciliazione all’interno delle piccole e medie imprese. Nel complesso una coppia che sceglie di avere un figlio a Berlino – soprattutto se non ha una rete parentale di supporto – sa che potrà accedere a un sistema di informazioni e servizi efficiente, continuamente migliorato per rispondere alle diverse e mutevoli esigenze delle famiglie. Il tutto all’interno di un approccio aperto e inclusivo.Ora che la crisi è superata anche l’Italia è pronta per un rilancio, a patto di non sbagliare le politiche per alimentarlo e sostenerlo.