La Stampa, 8 giugno 2018
Nuovo cinema periferia
Vite ai margini del degrado, in bilico tra sopravvivenza e tragedia, spese all’ombra di palazzoni anonimi, intorno a lungomare invasi dall’immondizia, dentro appartamenti esigui, che non contengono la rabbia e non rispondono alle naturali esigenze di spazio e di libertà. Sul grande schermo da qualche tempo la periferia è tornata protagonista, uno sfondo apparentemente anonimo, in realtà colpevole di gesti estremi e scelte senza ritorno. In quei luoghi, che non sono né di mare, né di campagna, né di vera metropoli, fioriscono molte delle storie narrate dai registi italiani esordienti, ma anche da quelli affermati e acclamati come Matteo Garrone che ha ambientato in uno di questi baratri di anomia il suo magnifico Dogman: «Per me il film è anche un western – ha spiegato – nel senso che si svolge in un luogo di frontiera dove il rapporto degli individui con la comunità è importante e infatti, in questo caso, determina le scelte finali del protagonista».Come dicono i fratelli gemelli Damiano e Fabio D’Innocenzo, registi debuttanti della Terra dell’abbastanza, «a Pasolini in questo periodo devono fischiare molto le orecchie, perché viene sempre citato».Alle sue descrizioni di borgate fatiscenti, dove i codici morali hanno equilibrio precario, tra baracche abbandonate e case popolari, si rifanno tanti paesaggi del nostro cinema più recente: «È la storia che sceglie il modo di essere raccontata – osservano i D’Innocenzo -, basta non tradirla. Non ci piace muovere tanto la macchina da presa, per noi è importante la componente sensitiva, quello che accade fuoricampo».
La strada del crimine
Con Garrone, non a caso, è nata un’amicizia stretta: «Lo abbiamo conosciuto e ci siamo appiccicati a lui, seguendolo nelle scorribande notturne, andando a casa sua. Ci ha mostrato i suoi progetti, ci ha fatto leggere le cinque diverse stesure della storia di Dogman e ci ha raccomandato soprattutto una cosa “siate vergini”». Nati a Tor Bella Monaca, il quartiere dove è ambientato Lo chiamavano Jeeg Robot, i D’Innocenzo sono cresciuti sul litorale laziale, tra Anzio, Nettuno e Lavinio, per poi tornare nella zona d’origine: «Forse con meno strutture a disposizione si cresce più rapidamente». Quella del loro film è infatti la storia di una maturazione sbagliata, di due ragazzi, Mirko e Manolo (Matteo Olivetti e Andrea Carpenzano) che imboccano quasi per caso la strada della criminalità e finiscono in un destino senza ritorno. Destino simile a quello di Cesare (Luca Marinelli), eroe nero di Non essere cattivo di Claudio Caligari, ucciso da una rapina lungo la spiaggia di Ostia, e dei protagonisti della serie Suburra, centrata sugli affari malavitosi che coinvolgono i tre amici Aureliano (Alessandro Borghi), Alberto (Giacomo Ferrara) e Lele (Eduardo Valdarnini).Per qualcuno, ogni tanto, si apre una via di scampo. E quasi sempre si tratta di un percorso d’amore, seppur tormentato. Nel caso di Manuel, diretto da Dario Albertini e interpretato da Andrea Lattanzi, un esordiente che ha già lasciato il segno, la svolta cruciale del protagonista, cresciuto in un istituto per minori privi di sostegno familiare, sta nella decisione di accollarsi la tutela della madre che potrà ottenere gli arresti domiciliari solo se lui accetta di prendersene cura. Nel caso di Cuori puri di Roberto De Paolis, ambientato a Tor Sapienza, tra il parcheggio dove il protagonista ha trovato lavoro e l’area occupata da un campo rom, la salvezza è nell’attrazione che Stefano (Simone Liberati) prova nei confronti di Agnese (Selene Caramazza): «Avevo in mente un finale negativo – ha detto il regista vincitore, ieri, dopo un anno ricco di riconoscimenti, dei premi «Ciak- Alice Giovani» e «Ciak- Opera prima» -, poi ho voluto cambiarlo riunendo i due personaggi principali, immaginando che potranno tentare di vivere una storia».
Combattenti di frontiera
La borgata è anche il teatro di Fortunata, il film di Sergio Castellitto scritto da Margaret Mazzantini, con Jasmine Trinca mattatrice spavalda, tra i marciapiedi insicuri dei quartieri di Tor Pignattara e di Centocelle, quelli dove Pasolini aveva girato Accattone: «Fortunata è una combattente – dice Mazzantini -, sopravvive nella periferia romana dominata dalle rovine dell’Acquedotto».