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 2018  giugno 08 Venerdì calendario

I presidi bocciano oltre 1.200 scuole: “I loro risultati sono insufficienti”

Ci sono scuole “facili” e scuole più severe, i cui i risultati scolastici non sempre corrispondono a quelli dei test standardizzati dell’Invalsi. Poi ci sono scuole più attente alla formazione di cittadini e altre che ammirano a distanza i risultati che i loro ex studenti conseguono nelle scuole di ordine superiore. Infine ci sono le scuole che devono affrontare criticità serie: il contesto sociale in cui operano, i soldi che mancano, la dispersione scolastica. Tutte però, alla fine, hanno lo stesso obiettivo: offrire ai loro studenti il meglio, in modo che possano affrontare con gli strumenti più adatti il loro futuro. L’autovalutazione degli istituti è nata con questo obiettivo: individuare con criteri il più oggettivi possibile a che punto di un percorso pluriennale è il proprio istituto. I docenti si auto attribuiscono un voto da 1 a 7 secondo questi criteri e poi lo comunicano al ministero. La tentazione di costruire una classifica sulla base di questi voti dev’essere allontanata subito: non è questo lo scopo. Tuttavia questi risultati possono servire anche a noi per capire, in Italia, quali «buchi» ci sono, come migliorare la situazione, come pretendere che le istituzioni affrontino le situazioni più problematiche. Lo abbiamo fatto confrontando i dati del Miur dell’anno scolastico 2016-2017 ed elaborandoli in una serie di mappe che trovate qui a fianco. Per ogni comune abbiamo calcolato la media dei punteggi delle scuole presenti.
Le criticità
Un dato colpisce subito. Nonostante il sistema concorrenziale introdotto negli ultimi anni spinga le scuole a valutare in modo più magnanimo i propri risultati, in un comune su dieci le scuole denunciano apertamente di avere delle criticità. E ci sono 221 istituti con risultati molto al di sotto degli standard nazionali. Il 9% si trova nel Nord Est, il 43,4% nel Sud. La regione più in affanno è senz’altro la Sardegna: in più di un comune su quattro (il 28% per la precisione) il voto medio delle sue scuole è insufficiente. Un dato confermato anche dal confronto provinciale: sulle prime cinque aree con medie basse, quattro sono dell’isola. Solo l’1% indica le proprie scuole come ottime.
Le eccellenze
Ci sono però anche regioni dove le cose vanno bene. Nell’elenco sono escluse la provincia autonoma di Bolzano, quella di Trento e la Valle d’Aosta, ma è una regione del Nord ad avere la palma dei migliori risultati. In Friuli Venezia Giulia quasi un comune su dieci ha scuole che si sono auto attribuite un punteggio eccellente. E se a questi si aggiungono i comuni che hanno scuole con buoni punteggi, si arriva tranquillamente al 60% dei comuni. Qui all’ombra delle Dolomiti solo il 2,4% dei municipi ha problemi con i suoi istituti scolastici.
Quattro criteri
Ovviamente si tratta di medie, il risultato è molto più articolato e il ministero ha indicato quattro criteri per stabilire la valenza dei percorsi scolastici. Il primo è quello classico dei risultati, i voti che gli studenti prendono dai loro insegnanti. Se dovessimo valutare solo questo risultato, scopriremmo che la provincia con la media peggiore è Carbonia-Iglesias (4,5 su 7) mentre la migliore è Benevento (5,46). Il secondo criterio è quello oggettivo dei test Invalsi, uguali per tutti gli studenti d’Italia. Qui la zona più in difficoltà è Olbia-Tempio (3,5) mentre sorride Sondrio (5,2). Il terzo criterio esce dal perimetro delle materie di studio classiche. Si chiama “competenze chiave europee” e calcola la capacità dei ragazzi di creare rapporti positivi con gli altri, di costruire legalità, di sviluppare un’etica della responsabilità, di ottenere competenze digitali o di mostrare spirito d’iniziativa. Qui la provincia peggiore risulta Rovigo (4,28) mentre la migliore è Isernia (5,53). Infine il criterio dei risultati a distanza, ovvero i successi che gli studenti conseguono nelle scuole di ordine superiore: peggiore è Sassari (4,28), migliore Ascoli Piceno (5,42). Migliorare in uno o più di questi criteri dà il senso del lavoro che tutti gli istituti svolgono per preparare la nuova classe dirigente ma anche la politica può dare una mano.