La Stampa, 8 giugno 2018
Chi di Spada perisce
La prossima volta che sentite qualcuno gridare fuori-la-mafia-dallo-Stato siete autorizzati a menare le mani, perché la mafia è dappertutto, tranne che nello Stato. Lo Stato c’è, accidenti. Lo Stato è arrivato a Ostia, è arrivato sotto forma di governo, sotto forma di procura, sotto forma di forze dell’ordine, lo scorso gennaio sono stati arrestati trentadue sgherri della famiglia Spada per associazione di stampo mafioso, omicidi, minacce, botte, usura, estorsioni. Il processo è cominciato l’altro giorno, e c’era la giornalista Federica Angeli, che da anni vive sotto scorta, e s’è girata per vedere chi si sarebbe costituito parte civile, cioè si sarebbe dichiarato vittima. Non c’era nessuno. Solo i parenti degli Spada. Poi la Regione, il Comune, tre associazioni antimafia come Libera che vanno meritoriamente a ogni processo. Associazioni di Ostia: zero. Taglieggiati di Ostia: zero. Cittadini di Ostia: zero. Dentro quell’aula di tribunale non c’era niente altro che lo Stato, i magistrati e i politici, la polizia e i carabinieri. La prossima volta che sentite qualcuno dire lo-Stato-ci-ha-abbandonato, menate duro. Non è lo Stato che ci ha abbandonato, siamo noi che abbiamo abbandonato lo Stato (altro che lo Stato siamo noi), con l’alibi meschino di qualche inchiesta trattativa. Ma che trattativa? Non c’è nessuna trattativa: c’è proprio un accordo, e funziona benissimo, fra la mafia e chi se la tiene, e preferisce stare alla larga dallo Stato perché lo Stato non fa paura, la mafia sì. Intendiamoci: nessuno è tenuto a fare l’eroe, ma almeno poi non rompa i cosiddetti.