Il Sole 24 Ore, 8 giugno 2018
Musica, brand e mistero: guida al marketing «Liberato»
Nessuno conosce il suo volto, perché è nascosto dal cappuccio di una felpa. Nessuno sa il suo vero nome, perché si presenta al pubblico dietro pseudonimo. Nessuno riesce a definire il suo genere musicale, perché impasta elettronica, hip hop e neomelodia napoletana. Liberato è il fenomeno musicale indipendente del momento: nella sua Napoli, un mese fa, ha riunito 20mila fan sul lungomare mentre il concerto di Milano, in programma domani sera alla Barona, è andato sold out in meno di un’ora. È l’ultimo «mistero napoletano» adottato dall’Italia, dopo il caso letterario Elena Ferrante. Ma è un mistero «powered by Converse», sponsorizzato e, in un certo senso, co-prodotto dal celebre marchio americano di calzature sportive: speciali Converse “griffate” Liberato appaiono nei video dell’artista. E soltanto domani, in occasione del concerto milanese, in un pop up store appositamente creato sarà in vendita merchandising in edizione limitata che comprende Converse One Star, due t-shirt e una felpa «customizzati» da Liberato.
È lo spirito dei tempi: la musica nell’epoca dello streaming non muove più i soldi di prima della grande crisi. La discografia in Italia vale 164 milioni, i concerti sui 270 milioni, l’editoria intorno ai 200 milioni. Ma l’industria di settore si è rimessa in pista, anche grazie a una sorprendente capacità di diversificazione da parte di aziende e artisti. Che spesso e volentieri ha a che fare col marketing: musicisti che fanno i testimonial, attività di endorsement più o meno esplicite, product placement nei video, operazioni che possono valere «diverse ceninaia di migliaia di euro per un esordiente e alcuni milioni per un artista affermato», spiega Alessandro Massara, ceo di Universal Music Italia, costola tricolore della prima major musicale al mondo, controllata di Vivendi che ha creato addirittura una divisione, Universal Music Group and Brands, per gestire le operazioni di branding dei propri artisti e non solo. La filiera del marketing applicato alla musica coinvolge musicisti, case di produzione, agenzie di pubblicità e aziende investitrici. «Non c’è uno schema unico», spiega Massara. «A volte è l’azienda che si rivolge all’agenzia per chiedere un testimonial, altre è l’artista o la sua etichetta a cercare contatti con un brand potenzialmente interessato a investire». Il nodo sono i diritti d’immagine: «Nei contratti degli esordienti – sottolinea il discografico – c’è spesso il capitolo legato al loro sfruttamento». Difficile che accada con gli artisti affermati, forti di maggiore potere contrattuale.
L’affaire Liberato è un caso di scuola: «L’impatto creato – secondo Luca Michelotti, pr manager Sud Europa di Converse – è stato forte e lo dimostra il vasto numero di media che hanno ripreso angoli diversi del progetto, in maniera del tutto organica». Converse non è stata l’unica a interessarsi a Liberato, in ogni caso: in occasione del concerto di Napoli, anche marchi come Santàl, Amaro Montenegro e Pasta Garofalo hanno “cavalcato la trigre” con appositi claim sui propri profili social.
Se si guarda al mercato globale, in principio fu il deal milionario che legò Michael Jackson a Pepsi Cola, poi rivelatosi un dossier di difficile gestione per l’azienda di bevarage, a causa delle vicende giudiziarie del cantante. In epoche più recenti, Taylor Swift ha fatto da testimonial alla compagnia telefonica At&t mentre i Major Lazer hanno prestato il beat a Bacardi. Dai tempi delle camicie Versace indossate da Tupac, il rap è il genere più sensibile al tema. In Italia c’è il caso di Fedez & J-Ax che, con il singolo estivo Italiana, hanno rilanciato la partnership con il Cornetto Algida, immortalato nel video. «L’accordo – sottolinea la multinazionale Unilever, affiancata in questa campagna dall’agenzia The Smc Group – ha previsto la possibilità di utilizzare un brano sviluppato dagli artisti per spot Tv e radio di Cornetto per l’estate 2018. A questo si affiancano le attività digital e social degli artisti e, in più, con l’acquisto del Cornetto al bar è stato possibile vincere la partecipazione al concerto a San Siro e da qui in poi sarà possibile vincere l’incontro con i due artisti».
Poi c’è la trap, sottogenere del rap in cui l’ostentazione, per l’artista, è essa stessa l’artista. Per capirci: il caposcuola, in America, si chiama Gucci Mane. In Italia abbiamo Sfera Ebbasta, partner di Nike e Franklin & Marshall, e Dark Polo Gang, griffati Burberry. Si fa quel che si può.