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 2018  giugno 07 Giovedì calendario

Che educati gli animali quando parlano tra loro

«Se un individuo interrompe, l’altro diventa silenzioso o vola via». Accade fra gli storni, ma non solo. Perché molti animali attorno a noi sono esperti nella nobile arte del conversare, come ben sapeva Esopo. Ma conoscono anche, e lo si è scoperto oggi, la regola d’oro del non interrompere. Dal canto degli uccelli al gracidio di rane e rospi, dai vocalizzi delle scimmie ai “clic” delle balene, la natura pullula di chiacchiere. E, almeno per quanto riguarda gli animali, sono dialoghi rispettosi e ritmati.
Rispettare il proprio turno senza interrompere, ma anche senza far languire la conversazione è un compito estremamente complesso dal punto di vista cognitivo, spiega oggi una godibile ricerca su Philosophical Transactions of The Royal Society B. Gli autori sono esperti di antropologia, evoluzione, primatologia e psicologia linguistica dell’istituto tedesco Max Planck e dell’università di York. Il loro ragionamento è che riempire una conversazione di frasi sensate è certo difficile. Ma capire in quale momento esatto il nostro interlocutore finirà il suo discorso per lasciarci il compito di mantenere alto il ritmo del dialogo, con una pausa che nel caso degli scriccioli non supera i 50 millisecondi, è questione non meno complessa.
Negli uomini, per esempio, il silenzio che separa i due interlocutori si aggira attorno ai 200 millisecondi: il tempo necessario a pronunciare una sillaba. Il cervello deve anticipare il momento in cui inizieremo a parlare ancor prima di concepire cosa dovremo dire. Una pausa di 400 millisecondi, fra gli uomini, è sintomo di un qualche imbarazzo, e di un “no” quasi sicuro se la conversazione aveva preso una piega romantica. Gli impulsi luminosi delle lucciole si susseguono al ritmo di 850 millisecondi. Nella giungla, nella savana o nelle profondità dell’oceano verrà invece scusato un po’ più di ritardo, con scimmie, elefanti e capodogli abituati ad aspettare anche un paio di secondi per le risposte ai loro segnali vocali. Perfino gli scimpanzé, specie notoriamente poco loquace e più propensa a comunicare a gesti, mostra di avere un rispetto per le regole del ritmo. Le interruzioni, fra gli animali, vengono in genere interpretate come un segnale di aggressività. Un’altra regola del galateo della natura, valida per alcune specie di rane, rospi e insetti, prevede che a iniziare la conversazione sia sempre il maschio. Tra gli elefanti, sono invece le femmine a prendere quasi sempre per prime la parola, con dei rombi a bassa frequenza udibili anche ad alcuni chilometri di distanza. Perfino i cuccioli (inclusi quelli d’uomo) sanno sorprendentemente inserirsi nei ritmi delle interazioni ancor prima di aver imparato a parlare.
Quella che allora sembrava solo una ricerca curiosa mostra il suo significato scientifico: spiegare un aspetto poco studiato dell’evoluzione di uomo e animali. “Il linguaggio, il più distintivo fra i tratti della nostra specie, resta un mistero dal punto di vista della teoria dell’evoluzione” esordiscono i ricercatori tedeschi e inglesi. “La competenza che alcune specie mostrano, come i corvi o i pappagalli, dimostra che la propensione al linguaggio non è propria solo delle specie geneticamente vicine all’uomo”.
Se rane, rospi, insetti, pipistrelli, balene ed elefanti condividono una stessa abilità, potremmo essere di fronte a un caso di “convergenza evolutiva”: il fenomeno per cui esigenze comuni spingono animali diversi ad adottare comportamenti o tratti somatici simili. In questo caso, vorrebbe dire che l’abitudine a parlare senza interrompersi è talmente importante da essersi diffusa per mari, per foreste e per giungle. I ricercatori arrivano anche a ipotizzare che l’aver imparato a rispettare i turni sia stata la base per l’apprendimento del linguaggio negli uomini. Forse, scrivono, “la cooperazione nella comunicazione è la più antica fra le infrastrutture del linguaggio. Ha rappresentato quel piccolo salto che ha poi fatto un’enorme differenza nella nostra storia”.