La Stampa, 7 giugno 2018
Flat tax, la verità di Salvini
Salvini è decisamente stato sotto un fuoco di fila in questo ultimo periodo. L’uomo è sicuramente fatto per irritare, ma in questo suo caratteraccio si nasconde una virtù, quella del parlar chiaro – e non è virtù da poco per un politico.
Per cui, a pochissime ore dal virtuosissimo discorso del premier Conte che si è esercitato sulla difesa dei diseredati, mentre l’umore della coalizione volgeva già al dubbio di fronte a tanta cultura e poca sostanza, ecco Salvini scendere in campo e salvare (ancora una volta!) la partita del nuovo governo.Ammettendo con un bel «beh, che c’è?» che la flat tax sarà molto favorevole ai ricchi, più che ai poveri, e allora? «È ovvio che chi fattura di più risparmia di più, reinveste di più, assume un operaio in più, acquista una macchina in più, e crea lavoro in più».
Osservazione affatto ovvia, come appare. È in realtà il racconto del mondo in cui la Lega affonda le sue radici, e svela un approccio all’economia molto diverso da quello dei pentastellati. La ricchezza di cui Salvini si fa orgoglioso difensore non è né quella del grande capitale, degli affari, della finanza, per cui tifa la destra classica. E nemmeno quella della sinistra, che è statalista e pensa alla ricchezza all’ombra soprattutto dell’attività pubblica – aziende di Stato, professioni pubbliche, benessere da salario sicuro, grande capitale regolato da tassazioni per forzieri dello Stato. L’idea di tassazione è conseguente: la destra del grande capitale e della finanza vuole tasse leggere in nome della libertà dei mercati che nella loro vitalità favoriscono benessere economico per tutti. La sinistra ha una visione statica della produzione di ricchezza, e punta a tasse proporzionali in cui i più ricchi paghino di più in nome di un riequilibrio sociale. La Lega è invece il presidio nato da un pezzo di società fuori da questi due schemi, come ben descrive Salvini nella sua risposta: la ricchezza è prodotta e racchiusa in un piccolo circolo che va dalla materia prima alla produzione, al mercato e ritorno, con un profitto che varia a seconda delle stagioni, delle vendite, della competizione. E quando torna, a seconda della stagione e degli acquirenti, di una partita all’estero, torna ogni volta daccapo. Con una macchina in più e un operaio in più, come dice Matteo Salvini, se va bene, o costretto a tagliare un operaio in più se va male. Una vita che somiglia molto a quella, prima delle multinazionali, dei farmer americani in cui a seconda delle stagioni, vivevano o morivano nella mani della triade debiti, banche, tasse. Così per i piccoli imprenditori italiani le tasse sono fondamentali perché possono fare la differenza fra farcela o non farcela. È questo il mondo delle piccole e medie imprese italiane, che è appunto alle radici della Lega, e che negli anni è stato vitale anche se incerto, mentre il resto del Paese affogava in grandi industrie che chiudevano e grandi salvataggi statali di mostri nel deserto, come le acciaierie. Quando Salvini parla di ricchi, dunque, occorre intendersi. Nella sua idea un imprenditore è un operaio che ce l’ha fatta. Attenti a pensare che abbia sdoganato la ricchezza. Il populismo non è necessariamente pauperista, ma è contro il grande capitale e contro la finanza. Nel programma di governo e nel discorso di ieri del premier si è fatta sempre una netta distinzione fra questi due livelli, anche quando si parla di differenza nell’evasione fiscale, appunto, augurandosi per i grandi evasori il carcere e per i piccoli evasori una regolarizzazione e poi la flat tax, appunto. Ma è comunque un allargamento della visione della società rispetto a quella dei pentastellati. Fra i due alleati l’interesse per la sorte dei piccoli imprenditori – uno dei pensieri di Casaleggio padre – è uno dei punti in comune. Ma il Movimento, fondato sull’idea di una democrazia diretta e sulla affermazione di una eguaglianza assoluta dell’uno vale uno della cittadinanza, non immagina l’articolazione che richiede l’ammissione della ricchezza. Per il M5S il denaro è fondamentalmente pubblico e la sua redistribuzione avviene come prelievo forzato ai privilegiati.Infatti, sulla coalizione grava un’ombra, anche se non se ne parla ancora: il ricorso alla patrimoniale per recuperare risorse. Salvini è contro. Gli M5S a favore col cuore, anche se per ora si limitano a parlare di tagli alle pensioni d’oro. Insomma, le dichiarazioni di oggi di Salvini più che far felici i ricchi, avviano un ulteriore processo di chiarimento sui molti punti che la coalizione dovrà attraversare nei prossimi mesi.