Corriere della Sera, 7 giugno 2018
La scalata delle università italiane
Quattro università italiane nelle prime duecento posizioni di una classifica di peso (la Qs World University Rankings, edizione 2019). Sembra poca cosa rispetto allo schiacciante dominio delle scuole americane e inglesi: a monopolizzare le posizioni di vertice sono gli americani Mit, Stanford, Harvard, Caltech.
Poi le britanniche, con un sorpasso storico di Oxford (quinta) sulla rivale Cambridge (sesta). Al settimo posto il Politecnico di Zurigo. Ma anche rispetto alla crescita inarrestabile delle asiatiche, con la National University of Singapore (11) e la Nanyang Technological University (12). O davanti all’exploit della Tsinghua (17), prima cinese ammessa nella top 20 mondiale.
Nelle top 30, ci sono dieci atenei dell’Asia e solo tre del Vecchio Continente. Segno che i templi della conoscenza asiatici sono sempre più competitivi. Ma la scalata delle italiane c’è. Costante, percepibile, in quello che è considerato uno degli studi più accreditati, in cui il 40% della valutazione dipende dalla reputazione accademica, un mega-sondaggio che coinvolge 70 mila persone. Intanto, per il quarto anno consecutivo il Politecnico di Milano si conferma primo ateneo italiano: 156esimo, in crescita di 14 posizioni. Sforna ingegneri, designer, architetti altamente apprezzati dai datori di lavoro. Il giudizio di 43 mila recruiter che hanno indicato le università dalle quali preferiscono assumere gli ha assegnato il 55esimo posto. Poi c’è la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, 167esima, che balza in avanti di venticinque posizioni, la crescita più consistente tra le italiane (ed è nona al mondo tra le migliori giovani università, nel ranking di Times Higher Education). «Un risultato non scontato: in queste classifiche è più facile scendere che salire», commenta il rettore, Pierdomenico Perata. Alla guida di una realtà che con un migliaio di studenti (30% internazionali) tra laureandi, dottorandi e «post-doc» riesce a competere con colossi mondiali gra-zie soprattutto alla qualità della ricerca, criterio che pesa per il 20% del punteggio totale e posiziona la Sant’Anna al 18esimo posto.
Sul podio anche la Normale di Pisa, 175esima, su di 17 posti. Mentre l’Università d Bologna, che era seconda tra le italiane lo scorso anno, sale di «sole» otto posizioni ed è 180esima. Nella fascia Top 600 c’è Padova che cresce a passi da gigante: più 47 posizioni. Ma c’è anche lo scivolone del Politecnico di Torino, giù di ben ottanta gradini, al 387esimo posto. Nel complesso, ben 24 italiane, sulle trenta prese in considerazione tra le mille totali, migliorano nella considerazione della comunità accademica internazionale. «E 25 fanno progressi nel criterio che misura l’impatto della ricerca – sottolinea Ben Sowter, direttore Ricerca di Qs —. Sono trend positivi, specialmente considerando la crescente competitività globale».
Per l’Italia, il rischio da scongiurare è che visti i segnali di miglioramento si pensi che il nostro sistema accademico non abbia bisogno di manutenzione. Siamo distanti soprattutto sulla capacità di attrarre docenti e studenti di talento da tutto il mondo. Ci sarà un motivo, se tra l’ateneo di Bologna, il più antico del mondo, e quello di Oxford ci sono 175 posizioni.