Corriere della Sera, 7 giugno 2018
Il dolore segreto di Kate, che alle ragazze insegnava: «Divertiti con la tua borsa»
«Enjoy your bag», divertiti con la tua borsa, dicevano le commesse, simpaticissime, salutando le clienti della boutique a Soho, New York, e poi in quelle di Boston e Los Angeles aperte sull’onda del successo rapidissimo e imprevedibile, nel 1993-94, di Kate Spade. Perché il divertimento era il cuore dell’estetica della stilista morta ieri a New York nel suo appartamento di Park avenue a soli 55 anni, suicida.
Il divertimento, lo stile un po’ preppy e ironico di borse di nylon o Loden o raffia o altri materiali allora inconsueti, borse che hanno accompagnato almeno una generazione di ragazze americane nell’età adulta.
Spade se n’è andata vittima del disturbo bipolare che si era aggravato negli ultimi quattro anni e e si era sovrapposto a una terribile depressione di quelle che non lasciano scampo. Kate stroncata come Alexander McQueen prima di lei (2010) e L’wren Scott (2014) dal peso della disperazione e di quello che lo scrittore William Styron, nel suo libro autobiografico sulla depressione Darkness Visible ha definito «il dolore oltre il dolore».
Lo choc per le circostanze della sua morte così precoce – strangolata con un foulard attaccato alla maniglia di una porta: l’ha trovata la domestica – non cancellerà in futuro il ricordo del suo talento: in un mondo della moda pre-Internet, con moltissimi marchi in meno rispetto a oggi, senza influencer, senza fondi d’investimento, partì insieme con il marito Andy da un piccolo appartamento a Manhattan e creò uno stile e un’azienda venduta poi in parte nel 1999 e completamente nel 2007: stile incarnato da lei stessa, minuta e timida e gentilissima, il sorriso aperto e gli occhi chiari e amichevoli e le lentiggini sul naso, una specie di Katherine Hepburn (originaria però del MidWest, nacque a Kansas City con il nome di Katherine Brosnahan) che di mestiere disegnava borse divertenti e impossibili da lasciare sullo scaffale.
Incarnava quello stile nelle scarpe basse e le gonne da college costoso e i colletti di pizzo e le camicie bianche o in tela Oxford un po’ maschile, la casa agli Hamptons con il celebre barbecue del 4 luglio i cui inviti erano ambitissimi, l’appartamento di Park avenue: una vita progettata con bravura come con bravura progettava i negozi, l’attenzione ossessiva al design dei mobili e alle fonti tipografiche della carta intestate. Inventò non soltanto borse ma un «lifestyle» quando ancora la moda faticava, vent’anni fa, a fare questa svolta.
Dopo l’uscita dall’azienda, undici anni fa, l’attenzione alla figlia piccola e alla filantropia e infine il tentativo di crearne un’altra, di azienda – cambiò anche legalmente il suo nome visto che non poteva più usare il proprio – cioè la «Frances Valentine» che però non raggiunse mai il successo della sua prima creatura («Non è che sono stata via qualche anno e nel frattempo sono diventata Rick Owens», spiegò sorridendo ma con logica ferrea a Cosmopolitan americano per sottolineare come l’estetica del nuovo marchio fosse molto simile a quella del suo marchio storico).
Ora il mondo della moda la piange: Diane von Furstenberg ricorda il suo «impatto incalcolabile» e il Cfda, la Camera degli stilisti americani, la onora con una pagina del suo sito ufficiale. E sono in lutto le clienti famose e non famose, da Chelsea Clinton a Lena Dunham.
Dunham ha twittato: «Grazie, Kate, da una tra i milioni di donne che hai fatto sentire belle». Perché le sue borse erano nate per quello – per far sentire bene le donne con se stesse, e accompagnarle nelle loro giornate, «enjoy your bag» – divertiti con la tua borsa, e così è stato, per venticinque anni, per un esercito sorridente di donne americane e non.