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 2018  giugno 07 Giovedì calendario

«Luigi, questo lo posso dire?». Le gaffe in Aula del premier Conte

Tra i latinismi, gli inglesismi e i «bellicismi» di una replica distillata a braccio e quasi sottovoce, la seconda fiducia sul governo di Giuseppe Conte va giù come un sorso d’acqua in un tifo da stadio, grandi abbracci e pacche sulle spalle. Ma gaffe, equivoci e omissis rendono il bis assai meno spavaldo dell’esordio al Senato. La partenza in diretta tv vede l’«avvocato del popolo» che si consulta con Luigi Di Maio, ignaro del fuorionda: «Questo lo posso dire?». E il capo del M5S: «No». Poi Conte si perde gli appunti, cerca sul tavolo i fogli giusti e il vicepremier lo spinge nell’arena: «Vai, te li cerco io... Hai il microfono aperto».
Il secondo scivolone lo smaschera Mariastella Gelmini: «Vogliamo immaginare sia stato un lapsus legato all’emozione, ma lei non ha parlato di presunzione di innocenza, bensì di presunzione di colpevolezza». Azzurri e dem si danno di gomito, ironizzano sull’«avvocato dei cittadini» che si è mangiato un «non», trasformandoli in presunti colpevoli. Paolo Gentiloni si tiene la testa con le mani, sconsolato. E non è ancora niente. Graziano Delrio, schiacciato nella precedente legislatura dalla leadership di Matteo Renzi, tira fuori tutta la grinta che ha dentro e la riversa sul premier, reo di aver dimenticato il nome del fratello del presidente Mattarella, ucciso dalla mafia. Riavvolgiamo il nastro del film, che da ore rimbalza sul web. Ecco Conte che si dice addolorato per gli attacchi sui social «alla memoria di un congiunto» del capo dello Stato. Ecco il capogruppo dem che si alza e chiama la standing ovation in memoria del presidente della Regione Sicilia, ucciso nel 1980 da Cosa nostra: «Si chiamava Piersanti! Si chiamava Piersanti!». Passa un minuto eterno e l’applauso non si ferma, finché il commesso si china per suonare la campanella e Roberto Fico lo stoppa: «Aspetta, lascia fare».
È bagarre. Gridano tutti, scattano tutti in piedi, leghisti e grillini emettono fragorosi «buuuuu» e fa impressione davvero un emiciclo dove il dissenso è schiacciato sulle ali e il consenso va ben oltre il corpaccione centrale dell’Aula. E quando le urla sembrano placarsi, subito il caos ricomincia. «Non faccia il pupazzo nelle mani dei partiti – incalza Delrio —. Ci faccia un piacere, riprenda il programma e lo riscriva, rifaccia di suo pugno la lista dei ministri». E ancora: «In nome del popolo sono stati commessi omicidi orrendi, tutti i grandi dittatori lo fanno in nome del popolo».
Conte appare frastornato ed è la prima volta, per uno che aveva preso gusto a rintuzzare le critiche dei deputati, da Giachetti a Scalfarotto. È rissa verbale anche su giustizia e conflitto di interessi, con il dem Lele Fiano che punta vistosamente il dito contro Fico e gli rimprovera di non difendere i diritti dei parlamentari, perché i grillini in barba al regolamento filmano le gesta degli oppositori. «Lei non faceva così quando stava da questa parte dell’Aula», geme Fiano. E Fico, con aria di sfida: «Ma adesso sono da quest’altra parte».
Vincitori e vinti, lo spettacolo è questo. Comincia al mattino Giorgio Mulè. Il portavoce unico dei gruppi di Forza Italia strappa risate agli azzurri dicendo di essersi imbattuto, «nella prosa elegante» di Conte, in giganti del pensiero come Jonas, Beck, Dostoevskij e in un «noto filosofo» che il capo del governo deve aver conosciuto in America: «The whatever, in Italia lo chiamiamo Cetto La Qualunque». Benvenuto a Montecitorio, signor presidente.
Renato Brunetta teorizza che «quando unisci capre e cavoli viene fuori un governo mostruoso». E mentre Fico bacchetta Salvini perché «deve stare seduto sui banchi del governo», alla buvette i deputati si gettano sulla degustazione di ciliegie Ferrovia: «Davvero sono gratis?». Beatrice Lorenzin informa Maria Elena Boschi di aver scritto a Renzi: «Gli ho detto “torna, Matteo, ti prego”». E la ex ministra del giglio magico: «In politica non ci si improvvisa, il nuovo premier mi è parso un po’ in confusione». Eppure il leghista Roberto Calderoli è convinto che Conte ci stupirà: «Non è un flat premier, è tutt’altro che piatto».