il Giornale, 7 giugno 2018
Gli uomini vanno, le pietre restano
Nessuno è più nobile dell’uomo che ama le pietre. È facile per molte anime sensibili coltivare la letteratura, studiare i dipinti, ascoltare ed eseguire le musiche più suadenti. Ma chi ama le pietre trova in esse l’anima segreta della terra. Nei palazzi veneziani del Quattrocento e del Cinquecento le strutture architettoniche in pietra d’Istria incorniciano specchi di pietra verde, rossa, arancione: sono dischi, riquadri di porfido di serpentino, fette di colonne, riposizionate a vivere in altre forme e altri corpi, in una continua transumanza da Roma, da Costantinopoli, da Aquileia, da Quarto d’Altino e forse anche da Efeso, da Corfù. Le pietre si spostano, si muovono da un edificio all’altro, da una città all’altra. Rinascono, non invecchiano e non muoiono mai. La storia dell’uomo è accompagnata dal movimento delle pietre. Roma ritorna nel Rinascimento: le pietre sezionate, trasformate, riutilizzate, rilavorate raccontano di epoche e di storie lontane. Gli uomini se ne sono andati, le pietre restano. Così nelle diverse civiltà vengono consacrate. La Chiesa si fonda sul nome di Pietro e ovunque in Europa gli altari includono frammenti di pietre provenienti da Roma dove il mondo cristiano ha la sua origine e il suo centro. Per questo nessuna pietra è più preziosa di una pietra trovata o proveniente da Roma, nessuna è più sacra.