La Stampa, 6 giugno 2018
Borgo San Paolo torna al 2002. Amarcord nelle foto di famiglia
Ci voleva una fotografa americana di base a New York ma dal nome italianissimo, Lina Bertucci, Leone d’Argento al Festival del Cinema di Venezia nel 2008, per restituirci i volti e i corpi e gli ambienti di Borgo San Paolo in un viaggio urbano in cui ogni tappa è segnata da una delle immagini a colori scattate 16 anni fa, nel 2002 – nell’ambito di un progetto pensato per l’inaugurazione della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo – esposte da domani in via Modane, lì dove il cambiamento del quartiere è stato contrassegnato dal segno tangibile di un luogo che ha saputo diventare un punto di riferimento non solo per l’arte contemporanea.
Nella storica fabbrica
E allora ecco le case, i giardini, le scuole di Borgo San Paolo così com’erano poco più di quindici anni fa, e gli scatti realizzati all’interno della Gallese, storica fabbrica sopravvissuta all’inizio dell’era post-industriale: coppie ritratte in cucina davanti al frigorifero oppure intorno al tavolo, il figlio unico com’è norma in questi nostri tempi stretto tra i due genitori; compagni di scuola assiepati su una panchina in quell’epoca della vita in cui si è certi di non invecchiare mai, e intanto chissà che effetto farà loro rivedersi adesso, nel 2018; gruppi familiari in cui accanto al patriarca si raccolgono più generazioni; e poi gli operai accanto ai loro macchinari nei locali della fabbrica, lì dove l’unica luce è quella dei neon e gli indumenti da lavoro sono unti di grasso come il pavimento.
La «città dei due angeli»
Lina Bertucci ha saputo accogliere e farsi accogliere e la sua macchina fotografica non è stata una barriera ma un ponte: lo si vede chiaramente dagli sguardi delle persone ritratte, rivolti all’obiettivo come se al di là di questo non ci fosse un’artista arrivata da Oltreoceano ma una di famiglia. Si intuisce che dietro a ogni singola fotografia c’è stato certo un lavoro, ma che tutto è partito dall’ascolto. Ciascuno degli abitanti di Borgo San Paolo che nel 2002 accettarono di farsi ritrarre portava con sé la sua storia, e l’insieme di tutte quelle storie private costituiva (costituisce) l’anima del quartiere alla pari dei suoi edifici e delle sue strade. Di modo che gli scatti della Bertucci fanno venire in mente il viaggio attraverso la città dei due angeli ne Il cielo sopra Berlino, quando Bruno Ganz e Otto Sander entrano a loro volta nelle case o salgono sulla metropolitana, invisibili eppure presenti.
L’anima dei quartieri
In realtà, ci vorrebbe una Lina Bertucci in ogni quartiere: perché una delle peculiarità di Torino sta proprio nel fatto che i diversi quartieri della città hanno tutti un’anima che li caratterizza e che non è replicabile altrove, un’anima che resta percettibile malgrado le trasformazioni del nuovo che continua ad avanzare.
Un nuovo set
Altre città hanno subito processi di omologazione che nel corso del tempo hanno smussato le differenze, in certi casi fino a farle sparire. Da noi Borgo San Paolo è ancora e sempre Borgo San Paolo, e così Porta Palazzo e Mirafiori e via dicendo. Sarà comunque interessante vedere la reazione dei soggetti fotografati posti di fronte agli scatti che li ritraevano poco più di quindici anni fa. E a partire dalle 17, presso la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo il fotografo Paolo Scaglia realizzerà nuovi ritratti, in un set allestito per l’occasione insieme con gli studenti dell’Istituto Steiner.