La Stampa, 6 giugno 2018
Mira Sorvino: «Se i nostri eroi fanno cose mostruose dobbiamo distruggerli»
La vita e la carriera professionale di Mira Sorvino sono state segnate soprattutto da tre uomini. Il primo è il papà, Paul, che l’ha introdotta nel mondo del cinema e del teatro di New York. Il secondo è Woody Allen, che agli inizi della sua carriera le affidò quel ruolo di prostituta sboccata e adorabile in La Dea dell’Amore, che le è valso un Oscar. Era il 1995, quel riconoscimento avrebbe dovuto essere il trampolino di lancio verso una lunga e luminosa carriera ma si mise di mezzo Harvey Weinstein. Che – stando alle accuse che l’attrice gli ha rivolto lo scorso ottobre – l’avrebbe messa spesso a disagio cercando di toccarla, inseguendola e una volta presentandosi a casa sua a mezzanotte. Visti i rifiuti, Weinstein avrebbe fatto sapere a Peter Jackson e a tanti altri registi che Mira Sorvino era una difficile e che non andava scritturata, boicottando così la sua carriera.
In gennaio Mira ha ripudiato anche Woody Allen con una lettera aperta a Dylan Farrow, la figlia adottiva che ha accusato il regista di molestie sessuali (accuse che Allen ha sempre negato, ndr). «Quel film è stato il più grande rimpianto della mia carriera. Mi vergogno di averlo fatto. È stato un terribile errore», ha detto. E papà Paul? Mira deve trattenerlo perché è talmente arrabbiato con Weinstein per le umiliazioni subite dalla figlia da sembrare Paulie Cicero, il suo personaggio in Quei bravi ragazzi: «Lo avessi saputo prima, ora Weinstein non camminerebbe sulle sue gambe, sarebbe su una sedia a rotelle».Mira Sorvino a 50 anni ha ancora il look voluttuoso e il sorriso smagliante del film del suo Oscar. Potrebbe rispondere alle domande su Harvey e su Woody con diplomatici «no comment», invece è molto disponibile. E se a momenti deve trattenere le lacrime, ha anche la forza di riconoscere il genio creativo dei due uomini che sono diventati parte dei suoi incubi notturni. Mira, che cosa ha provato la settimana scorsa nel vedere Weinstein in manette?«Emozioni molto diverse. La gente pensa che stiamo tutte a saltellare dalla gioia, ma non è così. Certo, è gratificante vedere che Harvey deve finalmente affrontare i primi passi nel sistema giudiziario che potrebbero condurlo a una condanna per stupro. Allo stesso tempo, il fatto mi ha messo tristezza perché ha risvegliato una storia che ha colpito e traumatizzato così tante persone. Non è stato un momento di felicità, ma ho sentito che almeno per questa persona l’era dell’impunità sta finendo».Le è stato difficile denunciarlo e parlarne pubblicamente?«Quando ho parlato col New Yorker ho pensato che forse la mia carriera sarebbe finita. Ognuna di noi ha combattuto con quella scelta perché sapevamo che c’era la possibilità che saremmo state messe in una lista nera. Quello che ignoravamo è che fossimo così tante, che la situazione fosse così diffusa non solo con Harvey ma a Hollywood e in altre industrie nel mondo. E non solo per le donne ma per gli uomini e per gli omosessuali e i bambini. La cattiva condotta sessuale c’è da sempre ed è esaltante vedere che ora siamo così forti e così unite, che forse le cose cambieranno davvero per i nostri figli (Sorvino ha quattro figli dal marito Christopher Backus, ndr). Ora posso sperare che la generazione dei miei figli abbia meno probabilità di dover subire violenze o molestie sessuali. E che possano vivere liberi e essere giudicati sul merito piuttosto che in un sistema dove si scambiano favori sessuali». Poi c’è Woody Allen. «La Dea dell’Amore» lo ha fatto quattro anni dopo le accuse di Dylan e Mia Farrow....«Ero giovane e ingenua, e mi sono fidata della parola degli adulti e della loro versione di quanto era accaduto. Poi ho conosciuto Dylan, una bellissima persona. E in questa lettera aperta le ho scritto che se i nostri eroi fanno delle cose mostruose dobbiamo “ucciderli”. Sono cresciuta nella totale ammirazione di Woody, La dea dell’Amore ha segnato una svolta della mia carriera. Ricordo quei giorni con gioia e Woody come una persona molto piacevole. È stata colpa mia non avere approfondito le accuse di Dylan e di Mia, ma ora credo che siano vere e questo cambia tutto. Che cosa devo fare? Avere del talento non vuol dire che uno non faccia cose brutte. Guardi Harvey. Harvey aveva il miglior gusto tra tutti i produttori, ha fatto i più bei film, ha individuato i migliori registi, ha scoperto nuove stelle e nuovi sceneggiatori e molto altro talento. Ma è un mostro».