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 2018  giugno 06 Mercoledì calendario

Il ministro Savona reclama deleghe: «Io un sughero sardo. Sono inaffondabile».

Sono stato nel passaggio tra la Prima e la Seconda Repubblica, ora ci sono nel passaggio dalla Seconda alla Terza…». A metà pomeriggio, mentre in Aula il dibattito si trascina senza slanci, il neo ministro Paolo Savona raggiunge la buvette del Senato per un caffè. Qualcuno lo saluta, gli fa i complimenti. «Nella mia testa non c’era per niente questo cambio», sospira candido, come se la sua nomina non fosse stato il «caso» che ha portato a una crisi istituzionale inedita, con attacchi violenti al capo dello Stato arrivati fino alla minaccia di impeachment, rientrati solo quando l’economista sardo, 81 anni e una precedente esperienza da ministro dell’Industria negli anni Novanta, è stato dirottato dall’Economia agli Affari europei. Dove si è presentato per conoscere dipendenti e funzionari e ha lasciato trapelare il suo obiettivo: riuscire ad «allargare» le sue competenze, acquisire anche un pezzo di «portafoglio» sommando la delega alle politiche di coesione, che consente di programmare e gestire fondi europei.
Giornali ed establishment«Lei è del tal giornale? Ah, quello che mi ha trattato bene...», dice in tono sarcastico fissando lo sguardo severo su un giornalista. «Lei del tal altro? Ah, anche voi siete stati gentili…», reclama con un altro. Ma di cosa si preoccupa, è diventato di nuovo ministro… «Sono un sughero sardo, inaffondabile», sorride compiaciuto. Durante il discorso del neo presidente del consiglio Conte è rimasto seduto lì, in prima fila, accanto al sottosegretario Giancarlo Giorgetti: «La parte più bella di quel discorso? Quando ha parlato di un’Europa più giusta ed equa, come era scritto nel mio comunicato – si attribuisce il passaggio migliore – comunicato che voi non avete pubblicato», un’altra critica ai giornali. Anche nella riunione con lo staff del suo nuovo ministero ha preso di mira giornalisti ed establishment: colpevoli alla pari secondo lui di non aver capito il «cambiamento» in atto e di aver tifato contro l’accordo. Una lettura perfettamente allineata con i furori antisistema dei grillini, con tanto di accenno ai selezionati, «abbienti ospiti» presenti al ricevimento al Quirinale in occasione del 2 giugno, a poche ore dal giuramento: e pazienza se, con una carriera passata da Bankitalia a Confindustria, lui stesso si potrebbe definire parte dell’establishment. «Sono in un angolo largo»A chi gli chiede se è contento di cominciare questa avventura, Savona risponde tra il serio e il faceto: «Contento mi sembra una parola grossa…». Nel governo Gentiloni il suo ministero era un dipartimento della presidenza del Consiglio, «dovrò rimettere in piedi il ministero, perché finora è stato gestito da un sottosegretario». Ancora deve decidere la sua squadra, il suo portavoce, «quando ci sarà ve lo dirò», intanto per ora non rilascia interviste, nonostante la curiosità che la sua figura suscita, il ministro più anziano del governo al centro di tutte le trattative. Ambiva a via XX Settembre, il ministero più pesante e importante; dopo la bocciatura del presidente della Repubblica è arrivata una carica più modesta. Ma lui ci scherza su, quando gli si chiede se si sente messo in un angolo: «Sì, ma è un angolo largo…». Presentandosi alla struttura che dovrà guidare e con cui dovrà collaborare, è partito proprio da lì: dalla polemica che lo ha visto protagonista. Qualche parola per spiegare la situazione. E, con loro, ha fatto riferimento anche al famoso piano B da tenere pronto per un’eventuale uscita dall’euro. Ma chi c’era dice che era ironico. O almeno sembrava.