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 2018  giugno 06 Mercoledì calendario

Chiara Francini: «È la mamma a plasmarti come il pongo ma non ditelo alla mia»

La famiglia per me è una crosta di pane buona, saporita, intinta nel sugo.

Non esistono quelle tradizionali o non tradizionali, esistono le persone e conta solo l’amore.
Non il sesso dei genitori». Chiara Francini, 38 anni, attrice e scrittrice, sembra una ragazza d’altri tempi. Pelle di porcellana, occhi turchesi. Battute fulminanti, spirito di osservazione da profiler dell’Fbi, in realtà è un furetto. Sta girando l’Italia per presentare il nuovo libro Mia madre non lo devesapere (Rizzoli) e stasera debutta su laF (alle 21.10) con Love me gender, in cui racconta le storie di persone che hanno cambiato sesso, amori fluidi, famiglie arcobaleno.
Nel libro, un’esplosione di vita in cui trionfano le donne di un condominio almodovariano a Roma — madri ritrovate, zie, vicine di casa “con le calze color Plasmon” — la protagonista Chiara ha due padri adorabili, come sanno i lettori del primo libro Non mangiare con la bocca piena (che diventerà un film).
Partiamo da qui. Che ha pensato quando il nuovo ministro della famiglia Fontana ha dichiarato «che le famiglie gay non esistono»?
«Alla presentazione del libro nessuno mi chiede dei due padri, e non me lo chiedevano neanche prima. Segno che la società è molto più avanti della politica, questo ti colpisce. La vita è più forte di tutto, non lo sanno? Non si discute una bella schiacciata con la mortadella: è buona e ti fa stare bene».
La famiglia per lei ha un buon sapore?
«Certo. Ti rincuora, ti accoglie: tutti vogliamo essere amati, il libro è dedicato ai figli, perché si resta figli per sempre. Non conta se i genitori sono due mamme o due babbi; lo sono quando ti accolgono e danno amore. Guardi vengo da una famiglia tradizionalissima di provincia, ma certi principi ce li ha cari. Il primo è il rispetto della libertà di ognuno».
Il suo libro è un elogio all’imperfezione in un mondo che non ammette difetti.
«Noi donne siamo meravigliosamente imperfette, diciamolo una volta per tutte che la perfezione è disumana. Siamo umane e imperfette, gli uomini lo capiscono dopo».
Perché ha cominciato a scrivere?
«Per me scrivere è un momento di grande felicità, l’atto più incosciente e coraggioso che abbia fatto nella vita. Lo assimilo al teatro, mi metto di fronte a un pubblico e dico: amatemi. Il romanzo svela chi sei, la tua forza e la fragilità perché c’è la vita che è amore, dolori, morte. Dobbiamo provare a cercare la felicità.
Sapendo che non è uguale per tutti».
Racconta una madre ingombrante. Che rapporto ha con la sua?
«Ripeto sempre: dimmi che madre hai e ti dirò chi sei. L’amore materno protegge e ti può schiacciare, ha un potere devastante. La mia mamma è di grande carattere e grande impatto».
Da ragazzina aveva l’ansia da prestazione?
«C’era un solo modo per fare le cose, farle bene. Quanto ho studiato... Però non mi sono mai raccontata bugie, nel lavoro e nei sentimenti. Se mi guardo nello specchio mi dico: oggi sto proprio male. La consapevolezza è l’unico viatico per la felicità. Il danno, la caduta, la rottura, non sono cose negative tout court. Cadere va bene, abbassarsi no».
Nel programma “Love me gender” racconta cos’è l’amore.
«Ha tante forme, lo puoi cercare in tanti modi, cambiando sesso o rimanendo te stessa. C’è chi ha realizzato il proprio sogno, chi ha combattuto. Una coppia cammina sottobraccio, felice, a chi importa se lui è vestito da mago Othelma?».
Cosa ha capito?
«Che conta sentirsi liberi. Questo programma di Simona Ercolani spiega bene come l’amore non c’entri col genere, è fluido.
Ci sono nuove forme d’amore che poi sono le vecchie. Io lo definisco “amore senza corsetto”.
L’esperienza più profonda è vedere come le persone si aprono quando le ascolti: famiglie arcobaleno, coppie. Le figure più imprevedibili? Le mamme. La madre è la figura che ti plasma come il pongo. Sa chi sei anche quando tu non l’hai ancora capito».