la Repubblica, 6 giugno 2018
Lettera ad Augias
Caro Augias,
mi chiedo se l’Italia non abbia già conosciuto figure di populisti. Garibaldi, uno del popolo, aveva grandi ideali e combatteva per la patria. D’Annunzio e Mussolini anche loro erano populisti; per i loro obiettivi organizzavano marce, chi su Fiume chi su Roma. Esistono allora populisti di serie A e di serie B, eroi e erranti? Ho visto il bel film “Il giovane Karl Marx”, realizzato per il bicentenario della nascita del più grande filosofo dell’Ottocento. Marx e Engels, che lottavano per elevare la classe operaia, erano anch’essi populisti? Sto leggendo “Primo Maggio” di Edmondo De Amicis. Il cavalier Bianchini, papà del protagonista ( Alberto, insegnante, socialista), gira per le vie di Torino il primo maggio 1898 chiedendosi se non sarebbe meglio vendere tutto e andare all’estero. «Ma dove? Questo nuovo pericolo era universale, lo avrebbe trovato eguale in qualunque altro paese d’Europa». Una risposta gli arriva da un amico: «Gli operai s’offendono a vedersi trattare da nemici. I nostri operai hanno buon senso, son padri di famiglia. Son sempre i borghesi spostati che spingono alle violenze».
Stefano Masino, Astimasino.stefano@gmail.com
L’aggettivo o sostantivo “populista” può creare qualche confusione, mi rendo conto. Alle origini troviamo i populisti russi «persuasi che le tradizioni egualitarie della Comune potessero servire da modello alla riorganizzazione socialista della società». Prendo questa definizione dal saggio straordinario di Orlando Figes “La danza di Nataša” (Einaudi). Quel sogno cercava la sua realizzazione in un mondo rurale idealizzato e profondamente “russo”. Il passo per arrivare al misticismo rurale di Tolstoj è breve. Il precedente però è lontano e aiuta poco, vale come riferimento storico- culturale. L’attuale parola “populismo” è la stessa ma indica un fenomeno socio-politico tutto diverso. I sentimenti popolari – rabbia, paura, disagio, rifiuto – sono utilizzati contro la politica in senso tradizionale, contro le élite che spesso la incarnano, contro la “complessità” che nasconde un inganno delle élite, contro il sistema di mediazioni sul quale si basa la democrazia in Occidente. La Costituzione afferma, articolo 1, che “la sovranità appartiene al popolo”, come ho ricordato pochi giorni fa s’affretta però a precisare “che la esercita nelle forme e nei limiti” previsti dalla Costituzione. “Forme”, “limiti” vale a dire istituzioni, deleghe, mediazioni, procedure. Una parte che i populisti tendono spesso a rimuovere. Giuseppe Garibaldi, richiamato dal signor Masino, eroe popolare quant’altri mai, amante riamato del popolo, con questo populismo c’entra poco. Mise la sua grande valentia di generale e di stratega al servizio del monarca sabaudo e quando il generale La Marmora a nome del re gli intimò di arrestare la sua campagna nel Trentino rispose, a denti stretti, col celebre “Obbedisco”. A denti stretti, ma obbedì. Anche le marce di D’Annunzio e Mussolini in questo contesto sono totalmente fuori luogo. La parola “populismo” è imprecisa, dovremo imparare a maneggiarla con attenzione.