la Repubblica, 6 giugno 2018
Suicida Kate Spade, la regina delle borse
Una processione di borse, l’asso di spade che era il logo della stilista che le ha disegnate ben in vista. Le sue tante ammiratrici l’hanno ricordata così: postando su Twitter, non appena si è sparsa la notizia del suo suicidio, le foto delle loro pochette griffate Kate Spade. Chalsea Clinton ha ricordato che fu «la nonna a regalarmi la mia prima borsa elegante, una Spade che usavo al college». La cantante Alisha Rai ha elogiato il suo modello Typewriter – sì, proprio macchina da scrivere – «che mi ha dato tanta gioia. E spero che Kate sapesse quanta felicità ha donato a perfette sconosciute».Perfino la scrittrice femminista nera Roxane Gay le ha dedicato un messaggio: “Damn, dannazione!”. Mentre è stata l’attrice Lena Dunham a scrivere l’epitaffio più efficace: «Kate Spade era più che una stilista. Col suo linguaggio visivo sapeva catturare ogni genere di donna, dalle religiose alle artistoidi».Con buona pace dei critici che avevano appioppato alle mille borse di Kate, dalle linee semplici e marcate e dai colori chiari e sempre allegri, che ora stridono con la sua fine drammatica, un aggettivo che in America è più d’un giudizio di valore: “preppy”, per figlie di papà. Che poi non più di sole pochette si trattava: abiti, scarpe, gioielli. Erano ormai centinaia i modelli creati da Katherine Brosnahan Spade, la stilista che si è impiccata a 55 anni con una sciarpa legata a una maniglia della porta della sua casa di Park Avenue, a Manhattan. Nonostante la presenza in casa del marito e socio in affari di sempre, Andy Spade, e della cameriera, che ne ha trovato il corpo senza vita. E lasciandosi dietro una figlia appena tredicenne, Frances, a cui aveva dedicato la nuova linea giovanile Frances Valentine, che doveva segnare il rilancio del nome due anni fa. Sì, perché Spade nel 2007 aveva venduto il marchio che l’aveva resa famosa per 125 milioni di dollari alla Liz Clairbone Inc, che un anno fa lo aveva però ceduto per la bellezza di 2,4 miliardi ai rivali di Coach.Per questo ora Kate aveva deciso di tornare nel mondo della moda usando il cognome Valentine, di suo nonno. Ma reinventarsi un nome, nel mondo della moda, si sa è un’impresa difficile. «Chi soffre di depressione deve cercare aiuto subito», ha twittato Ivanka Trump, la figlia del presidente e anche lei stilista, ricordandone lo «stile inconfondibile»: e allegando il numero di telefono del centro anti suicidi. Kate era nata a Kansas City nel 1962. Ed era entrata nel mondo della moda quasi per caso: laureata in giornalismo, aveva lavorato a lungo per la rivista Mademoiselle.E proprio scrivendo delle creazioni di altri si era accorta che un certo tipo di borsa, giovanile ma elegante, costosa eppur abbordabile, mancava sul mercato. «Era l’inizio degli anni Novanta e io ed Andy eravamo ad un ristorante messicano. Gli stavo spiegando quanto secondo me mancasse un certo tipo di borsa sul mercato e lui mi disse: “Disegnale tu. Quanto potrà essere difficile?”».