la Repubblica, 6 giugno 2018
Nemici, oligarchi, nazionalismo e muri: ecco la “democrazia illiberale” di Orbán
Come molti fu nella gioventú comunista a 14 anni, «ingenuo ci credevo», confessò poi. Oggi qualcuno sospetta che Mosca pensò allora a lui per il futuro. Ma fu da giovane coraggioso dissidente liberal, che spiccò il volo. Poi divenne nazionalconservatore, oggi è il vero leader delle destre europee.Premier una prima volta aprì l´Ungheria al mondo, portandola nella Nato, ma nel 2015 la trasformò in Paese blindato con la barriera antimigranti, e divenne fan di Putin e di Erdogan. Da giovane era frugale figlio di una famiglia calvinista, ora ama il lusso, ha in pugno l’economia insieme agli oligarchi, si fa costruire un castello a Buda accanto a quello asburgico. Contraddizioni e svolte, sorprese e rotture con ex alleati.Chi è Viktor Orbán, ormai idolo e mente creativa a tinte forti dei sovranisti, “l’uomo più potente d’Europa”, l’unico capace di dire «sovranisti della Ue intera unitevi»? Ecco a capitoli la sua vita.La gioventúViktor nasce il 31 maggio 1963 a Székésfehérvár, studia sul posto poi si laurea alla prestigiosa università Eotvös Lorand di Budapest con una tesi su Solidarnosc, scelta di sfida al regime comunista ancora al potere. Si sente subito dissidente per vocazione, debutta in apparenza come un Michnik ungherese. Ai funerali di Imre Nagy, l’eroe rivoluzionario del ‘56 impiccato poi per ordine di Mosca, solo lui ebbe il coraggio di chiedere il ritiro russo.La sua Fidesz (Fiatal Demokraták Szövetsége, unione della gioventù democratica) debutta filo occidentale, illuminista. Nessuno allora immaginava il dopo. Caduto il comunismo va all’opposizione, il primo governo di centrodestra tocca al Mdf, un partito che poi sparirà. Viktor si rassegna a un lungo periodo da voce critica senza poteri. Ma grazie a Soros, studia al prestigioso, liberale Pembroke College di Oxford.1988-2002, premier la prima voltaÈ irriconoscibile. Nazionalista, mette i suoi nei posti chiave, aumenta i suoi poteri, limita a una ogni 3 settimane le sedute del Parlamento. Poi entra in crisi, per 10 mesi diserta le sedute dell’Assemblea. Comincia a farsi scappare frasi tipo «si può governare anche senza che l’opposizione abbia un ruolo». Alla fine la sua coalizione con gli altri partiti di centrodestra si sfrolla.Lui continua la marcia verso destra, in Europa passa dai Liberali ai Popolari. Intanto coi socialisti la situazione economica crolla.2010 e 2014, ritorno e riconfermaIl malgoverno dei socialisti e la sua grande abilità oratoria gli regalano un trionfo. Viktor alza il tono, riesce ad arrivare al cuore dei cittadini più poveri, gli abitanti delle campagne o i ceti urbani colpiti dalla crisi. Crea la Nmhh, spietata autorità-grande fratello per controllare i media, epura con la falce media pubblici giustizia amministrazione. Più tardi anche polizia e forze armate.Chiede di restaurare la pena di morte, ci rinuncia per evitare che la Ue lo cacci. Parla di terre perdute, quelle dove i magiari fino al 1918 opprimevano slovacchi serbi e romeni. Trova il tema che non abbandonerà più: «Centinaia di milioni di africani e musulmani assediano l’Europa cristiana e bianca per rubare lavoro, occorre una democrazia illiberale». Nel giugno 2015 ordina di blindare la frontiera con la Serbia: filo spinato con rasoio alto 4 metri. Amnesty International e l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati denunciano maltrattamenti di profughi e migranti. La Costituzione intanto è stata già cambiata grazie alla maggioranza dei due terzi del primo trionfo. Parla di cristianesimo e famiglia e non definisce più lo Stato “Repubblica”. Nel 2017 inizia la riabilitazione di Miklos Horthy, il dittatore complice di Hitler e dell’Olocausto, quello che nel 1920 introdusse le prime leggi europee del 20mo secolo limitanti le possibilità di carriera degli ebrei. E comincia l’avvicinamento a Mosca. «Alleato inaffidabile», dicono alla Nato. Ma l’economia tira come poche altre in Europa.Aprile 2018, terzo mandatoContro ogni aspettativa. Viktor esultante si scatena. Campagna contro il tycoon ebreo Soros «che vuole islamizzarci», legge che condanna le ong a supertasse divieto e carcere se aiutano i migranti. Con in mano le 400 maggiori aziende, oligarchi amici suoi e della ricca moglie Anikó Lévai chiudono gli ultimi media critici. E pagano in Slovenia la campagna di Janez Jansa. Dalla gioventú una passione gli è rimasta, il calcio. Nel suo villaggio d’infanzia, Felcsút, c’è uno stadio col doppio di posti degli abitanti, ti ci porta un trenino speciale sempre vuoto.