Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  giugno 06 Mercoledì calendario

Starbucks perde il suo presidente: Howard Schultz sarà l’anti-Trump

«È arrivato il momento di pensare a una serie di cose per me, dalla filantropia al servizio verso la comunità. Ma la strada per capire quale sarà il mio futuro è ancora lunga». Howard Schultz, 64 anni, presidente e da quarant’anni in Starbucks in una lettera ai dipendenti ha annunciato la sua intenzione di lasciare la guida della multinazionale del caffè. Dal 26 giugno non sarà più presidente esecutivo e si occuperà solo dei programmi di social responsibility. Sotto la sua guida Starbucks è passata da undici a 28mila caffetterie in 77 paesi. Nel 2017 si era già dimesso da amministratore delegato. Lasciando la carica al suo fedele collaboratore Kevin Johnson. L’uscita di scena di Schultz è la fine di un’era per Starbucks, che ha portato la società a diventare un simbolo della cultura americana. Dopo la notizia le azioni a Wall Street sono affondate, arrivando a perdere oltre il 3%. 
Secondo molti osservatori Schultz si prepara a entrare in campo con i democratici alle prossime elezioni presidenziali americane, il 3 novembre 2020, per sfidare Donald Trump. Già nel 2016 il manager fu sul punto di presentarsi nelle file dei democratici. Si tirò indietro all’ultimo, quando comprese che Hillary Clinton avrebbe vinto la nomination. Non si candidò ma sostenne lealmente Hillary durante la campagna elettorale, non menzionando mai Trump, con un chiaro endorsement: «Spero che Hillary Clinton verrà eletta presidente degli Stati Uniti e spero si possa cominciare a vedere crescere il senso di comunità in politica», disse allora.
Starbucks continua a correre, e continuerà a farlo anche senza di lui. Nei prossimi cinque anni aprirà tremila nuove caffetterie in Cina. Nel 2017 il gruppo ha avuto ricavi per 22,3 miliardi $, con una capitalizzazione di 78,8 miliardi, un utile lordo di 6,8 miliardi e un margine operativo del 30%. Di recente, Starbucks ha ceduto a Nestlé, per 7,2 miliardi $, l’esclusiva per la vendita dei suoi pacchetti di caffè, thè e bevande a marchio. E a settembre aprirà il suo primo locale in Italia. A Milano, in piazza Cordusio con una caffetteria torrefazione da 2mila e 400 metri quadri dove a regime lavoreranno 300 persone. 
Negli ultimi anni, accanto alla crescita della sua creatura, Schultz ha maturato una visione da “servent leader”, da quando tornò a lavorare nel 2008 dopo una malattia. L’ultimo episodio, nelle scorse settimane, rivela questa sua attitudine verso la società civile: dopo l’arresto di due neri in una caffetteria di Philadelphia, ha obbligato tutti gli 8mila dipendenti americani a frequentare un corso di formazione anti-discriminazione. Ha chiuso per un pomeriggio tutti i locali negli Stati Uniti. Perdendo, ovviamente, un pomeriggio di ricavi. Diversi azionisti lo hanno criticato per la spesa eccessiva di quel training anti-razzista. Schultz – che ha un patrimonio personale stimato di 3,2 miliardi – non ha voluto sentire ragioni. Le elezioni del 2020 non sono poi così lontane.