il Giornale, 6 giugno 2018
Tunisia, come ti aggiro il Ramadan
Col Ramadan non si scherza: ci ha provato Mohamed Salah, a interromperlo prima della finale di Champions, e in un colpo solo ci ha rimesso la coppa e una spalla. «Allah lo ha punito perché mangiare e bere per poter giocare calcio non è una scusa legittima per interrompere il digiuno durante il mese sacro», ha sentenziato l’indomani un imam impietoso.
Forse sarà anche per questo che i giocatori della Tunisia hanno deciso di rispettarlo fino alla fine – quest’anno durerà fino al 14 giugno – anche se la cosa sta creando non pochi problemi nella preparazione al Mondiale. Allenarsi e giocare le amichevoli senza mangiare nulla per tutto il giorno mette a dura prova il fisico, ma i nordafricani hanno trovato un modo per aggirare l’ostacolo. Prima con il Portogallo e poi di nuovo venerdì scorso con la Turchia, appena il sole è tramontato il portiere Mouez Hassen si è accasciato a terra lamentando un infortunio. Gioco sospeso, e mentre a lui venivano prestate le cure il resto della squadra ne ha approfittato per correre verso la panchina e rifocillarsi con borracce e snack.
Guardando le immagini della partita coi turchi non si può evitare di ridere, perché Hassen si accascia improvvisamente come un sacco di patate senza che nessuno lo abbia sfiorato. Lo stratagemma poi ha pagato, se è vero che in quel momento la Tunisia stava perdendo 2-1 e alla fine – dopo il rifornimento volante – è riuscita ad agguantare il pareggio.
Tra le qualificate a Russia 2018 quella delle «Aquile di Cartagine» non è l’unica nazionale col problema del Ramadan: c’è l’Arabia Saudita che giocherà il match inaugurale con la Russia proprio nell’ultimo giorno di digiuno, ci sono Iran, Marocco, Nigeria, Senegal e ovviamente c’è l’Egitto di Salah. Il ct è l’ex interista Hector Cuper che già un mese fa aveva lanciato l’allarme («Quando dovrei allenarli, alle 5 del mattino?») e che fino all’inizio della competizione dovrà gestire l’ortodossia religiosa dei suoi calciatori.
Va detto che non tutti gli sportivi musulmani sono così osservanti, storicamente ci sono state parecchie eccezioni importanti anche perché la dottrina qualche scappatoia la offre. Salah, ad esempio, si è «appigliato» al fatto che Kiev fosse a più di 77 km dal suo luogo di residenza e in questo caso è costentito interrompere il digiuno per poi recuperare in seguito.
Ma in che misura il non mangiare e bere nelle ore diurne pregiudica il rendimento di uno sportivo professionista? I medici parlano più o meno di un 20%, però c’è pure chi sostiene di non avere cali. Anzi. È il caso dell’attaccante del Leganés El Zhar che ha affermato di giocare «meglio durante il Ramadan perché mi sento più pulito dentro». Lui, di pantomime come quella del portiere tunisino, evidentemente non ne ha bisogno...