Corriere della Sera, 6 giugno 2018
Il soprano maratoneta
Lisette Oropesa, 34 anni, di professione cantante lirica, era molto sovrappeso: ora è maratoneta. «Sono diventata un’altra persona». Da agosto in avanti avrà quattro impegni in Italia: prima volta al Rossini Opera Festival di Pesaro (Adina più un recital);recital verdiano (con altre stelle) all’Arena di Verona, La Traviata di Carsen alla Fenice di Venezia; apertura di stagione all’Opera di Roma nel Rigoletto diretto da Daniele Gatti.
Quanti chili ha perso?
«Oltre 40, è stato un processo lento, durato 5 anni. Non ho fatto come Maria Callas. Sono vegana e runner, partecipo alle maratone, a Pittsburgh ho cantato La figlia del Reggimento la sera e la mattina dopo ne ho fatta una».
Quanto si allena?
«Dieci chilometri per cinque volte alla settimana, senza ascoltare musica in cuffia. La corsa si può fare ovunque, non costa nulla, aiuta per lo stress e il jet leg, ti avvicina alla natura e alla terra. Tante donne mi scrivono dicendo che ho dato loro ispirazione, mi sento un esempio di come si può vivere e mangiare».
Prima…
«Non praticavo nessuno sport. Ero timida, mi vergognavo di me stessa. Mi sento bella, la gente mi tratta diversamente. Dopo una recita noi cantanti ci buttiamo sul cibo? È vero, io su frutta e verdura».
In passato la sua carriera era condizionata dal modo in cui appariva?
«Sì. Ho maturato la decisione di cambiare dopo che al Metropolitan di New York mi hanno detto che avrei avuto difficoltà a trovare lavoro. Io non volevo perderlo per i miei chili di troppo».
La concorrenza è agguerrita.
«Ci sono tante cantanti con lo stesso repertorio, mi hanno proposto anche di cambiare look. Avevano ragione, sembravo una che non era mai andata dal parrucchiere».
Si è mai sentita umiliata?
«Una volta a un’audizione per Don Giovanni mi hanno scartata con queste parole: vogliamo un cast giovane e sexy. Non è un discorso di genere, vale anche per i maschi, se uno deve essere Don Giovanni, il pubblico non deve pensare che sei Falstaff. Però attenzione, ci sono colleghe che non riescono a dimagrire e hanno diritto a cantare».
Lei è cresciuta in Louisiana.
«A Baton Rouge, dove si mangiano troppi fritti…Sono rimasta lì, mia madre (i miei sono nati a Cuba) insegna canto. Terra di jazz e blues. Per una stagione d’opera regolare bisogna andare a New Orleans. Il pubblico Usa è diverso da quello europeo, più ingenuo e meno rigoroso, considera la lirica un intrattenimento, almeno in provincia. Fu mia madre a dirmi che avevo una voce importante e dovevo smettere gli studi di flauto. Lo feci a malincuore. Lei aveva una passione per Anna Moffo. Più tardi i miei modelli sono stati Renata Scotto e Montserrat Caballé».
Nell’ambiente si dice che la Caballé oggi avrebbe problemi di scrittura per via della stazza.
«Credo anche io che sia così, purtroppo».
Nel mondo dell’opera esiste una dittatura della bellezza?
«Da Jonas Kaufmann a Elina Garanca, hanno tutti un magnifico aspetto. Anna Netrebko ha ripreso qualche chilo, ma quando è esplosa era magra come un’alice, poi è diventata la numero 1 e se lo può permettere».
La sua voce è cambiata?
«In modo naturale, per l’età. Ho un maggiore controllo del fiato. Mi sento sana, in buona salute. Ho riscoperto il mio corpo».
Il suo sogno?
«Cantare Lucia di Lammermoor alla Scala. Adoro il belcanto, in America non si fa».
In una «Lucia» a Londra lei dovette fingere di abortire in scena.
«Sì, non credo fosse la prima volta che accadeva. Amo le sfide, a volte un allestimento tradizionale può essere più difficile, non è semplice restare impalati senza recitare».
Il ruolo che ama e quello che non ama.
«Mi rispecchio in Gilda del Rigoletto, perché anche mio padre aveva una disabilità, distrofia muscolare, ed era amaro, diceva di essere cattivo perché il mondo l’aveva fatto così; con lui da adolescente lottavo per vedere gli amici, avere indipendenza. Non amavo La Traviata, mi sentivo lontana da Violetta, non sono così aperta sulla sessualità».
Rivede mai le sue vecchie foto?
«No, non ci riesco. Mi sembra un’estranea».