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 2018  giugno 06 Mercoledì calendario

Quanto lavoro porta l’hi-tech

Le multinazionali della tecnologia che minimizzano le tasse sfruttando i trucchi fiscali contribuiscono poco o niente al bilancio dell’Italia ma, in compenso, investirebbero molto in occupazione: «Creiamo lavoro», dicono a gran voce i country manager italiani di aziende come Apple, Google, Amazon, Microsoft, Ibm e Facebook. Ma è vero? 
Più robot che dirigentiPoche parole, molti numeri: partiamo da Amazon, sinonimo mondiale di successo e ricchezza. Seattle è la città americana con la maggiore concentrazione relativa di milionari, tutti prodotti con le stock option di Boeing, Microsoft e, appunto, Amazon. Ma in Italia il quadro cambia. Prendiamo una delle principali società con cui opera, la Amazon Italia Logistica. Su 1.845 occupati nel 2017, i dirigenti sono solo sette (d’altra parte erano 2 nel 2016). I quadri sono 52, gli impiegati 180, gli operai 1.606. Nel bilancio si legge che il trend del commercio elettronico è positivo. Tanto che nel 2017 l’azienda ha in effetti investito molto, ma nel sito FC01 a Passo Corese (Rieti), «il primo in Italia a tecnologia robotica (Amazon Robotics)». Visto che gli italiani acquistano sempre di più online, nelle carte si legge anche che la società sosterrà questa crescita con «l’utilizzo di interinali» e «investendo nel lancio del nuovo sito TRN1 di Torrazza in Piemonte, anch’esso previsto a tecnologia robotica». Dunque: robot, operai e impieghi a somministrazione che, secondo alcuni sindacati, in questi anni sarebbero arrivati anche a 13 mila (numero mai confermato dall’azienda) per supportare i picchi stagionali. Nelle altre realtà italiane di Jeff Bezos la musica non cambia: Amazon City Logistica Srl, per esempio, ha 62 dipendenti di cui un dirigente e due quadri. D’altra parte Apple Retail Italia Srl su 1.518 persone ha 1.367 impiegati, 150 quadri e un solo dirigente. Mentre Apple Italia Srl ha 5 dirigenti su 125. 
Perché tutte le hi tech hanno pochi dirigenti e molti interinali?C’è un motivo sottile: per anni queste società, per giustificare il trasferimento del fatturato e dunque degli utili in zone come l’Irlanda, l’Olanda o il Lussemburgo per eludere le tasse, hanno spergiurato di avere in Italia solo meri uffici di appoggio. Aziende come Apple, Microsoft e Google non vendono ufficialmente nulla. E non producono dunque fatturato «locale», almeno in termini ufficiali. Dunque i pochi dirigenti, così come gli interinali, servono per evitare di essere percepite come rilevanti. Per questo motivo la web tax di cui si discute a livello europeo vuole superare il concetto di «stabile organizzazione» sostituendolo con la «significativa presenza digitale». 
Microsoft e l’incentivo all’esodoAnche Microsoft in Italia fa largo uso di interinali, tanto che Adecco, una delle principali società che fornisce lavoro a somministrazione, ha formato un ramo ad hoc proprio per tutte le società tech. Si chiama Modis e offre interinali, ma «ad alta specializzazione». L’organico medio di Microsoft Italia è passato negli ultimi due bilanci da 830 a 851. Dunque assunzioni? Forse, dipende dalle tipologie di contratti, perché tra questi la percentuale di dipendenti Adecco e di altre società simili è molto alta. In effetti Microsoft è in ristrutturazione da anni: a bilancio 2016-2017 ci sono 8,36 milioni di «incentivi all’esodo per ristrutturazione». L’anno prima erano 14,07. E nel nuovo bilancio ne sono attesi altrettanti. Alcune di queste società spendono più di incentivi per mandare a casa che di tasse. Di questi 851 dipendenti 42 sono «apprendisti» mentre la stima degli interinali è del 25% della popolazione aziendale. 
Il «silenzio» della legge ForneroÈ un fenomeno poco noto perché dalla Legge Fornero in poi, con un intervento successivo anche del ministro Poletti, le aziende non devono più spiegare – come avveniva prima – come mai decidano di affittare il lavoro invece di assumere. L’impiego a somministrazione va solo indicato in un libro unico del lavoro che deve essere tenuto in azienda per eventuali controlli (più rari che mai oggi). Un’eccezione è quella di Google Italy Srl che conta 36 dirigenti su 205 dipendenti. In effetti, il business del tutto immateriale del gruppo non ha bisogno di manovalanza: vende pubblicità online per una cifra stimata tra 1,5 e 2 miliardi l’anno. Peccato che nel bilancio ci sia posto solo per 152 milioni. Anche Microsoft ha un fatturato stimato superiore agli 800 milioni, ma nel bilancio se ne trovano solo 262. Facebook Italia dichiara 9,37 milioni di giro d’affari e paga 267 mila euro di tasse. In sostanza sarebbe una mini fabbrichetta sull’orlo della chiusura a cui il Fisco ha appena contestato 300 milioni di tasse non pagate nel corso degli anni. Anche i gruppi come Ibm, in Italia da molto più tempo, soffrono dal punto di vista occupazionale. Solo in Ibm Italia il personale è passato dai 6.942 del 2012 ai 5.488 del 2016. Si legge nel bilancio: «Il costo del personale del 2016 ha risentito di una procedura di dimissioni incentivate». Nella Sistemi Informativi Srl, altra società del gruppo, la perdita di 7,3 milioni «è stata trainata dalla politica di ristrutturazione e ribilanciamento del personale che ha inciso per oltre 12,3 milioni». In soldoni la società era in utile ma è stata mandata in perdita dai tagli occupazionali.
É tutta una storia di tasseDunque fatturati e utili s’involano verso il Nord Europa e poi finiscono in qualche paradiso fiscale. Il risultato è che le aziende, nonostante utili record nella casa madre ottenuti proprio grazie ai meccanismi predatori di concentrazione della ricchezza, licenziano localmente perché i costi (e i debiti) rimangono nelle singole country come l’Italia. Dovrebbe restare anche l’occupazione, ma sempre più di basso livello e sempre più incerta. Si interrompe così anche il patto «sociale» delle aziende, che possono festeggiare i risultati e giustificare contestualmente i tagli. Non chiamiamoli, però «investimenti».