Corriere della Sera, 6 giugno 2018
Il predellino? No, ai docenti serve dignità. La risposta di Rovelli a Galli della Loggia
L’articolo di fondo del Corriere di ieri offre alcune proposte per migliorare la scuola italia-na. Le più emblematiche sono alzare la cattedra con un predellino di qualche decimetro, per dare auto-rità agli insegnanti, e ri-durre i soldi che lo Stato assegna agli insegnanti per comperare libri. A mio modesto parere, ciò di cui la scuola ha bisogno è il contrario. Ci sono inse-gnanti bravissimi nella scuola italiana e sono tan-ti. Sono quelli che scendo-no dalla cattedra e sanno parlare da vicino ai loro studenti, sanno conquis-tarli con la loro passione, con il fascino del sapere, con il rapporto vivo e vi-brante che si stabilisce nella trasmissione della conoscenza. Ma l’intero corpo insegnante italiano, invece di essere motivato e valorizzato per il ruolo fondamentale che ha per il futuro dei nostri giovani, è stato umiliato da una cre-scente mancanza di rico-noscimento sociale. Ris-petto al reddito nazionale, il reddito degli insegnanti non ha fatto che diminui-re. Non si aiuta la scuola diminuendolo ulterior-mente, tagliandolo pro-prio nella componente destinata ai libri, che sono il cibo dell’intelligenza, e non si aumenta l’autorità degli insegnanti aumen-tando di dieci centimetri l’altezza della cattedra. Non mi trovo d’accordo neanche con le altre pro-poste, sia simboliche che sostanziali, come rendere obbligatorio alzarsi in pie-di quando entra l’inse-gnante, eliminare il ruolo delle famiglie nella scuola, imporre che le gite scola-stiche si facciano solo in Italia, vietare radicalmente i periodi di autogestione, o addirittura vietare per legge l’uso degli smart-phone ai minori. Sono no-stalgie di un mondo pas-sato, che non era migliore del nostro: era più gretto, più autoritario anziché autorevole, più chiuso in se stesso. Non si educano i nostri giovani con sceneg-giate di autoritarismo ot-tocentesche. O vietando loro per legge l’accesso al-la tecnologia, e facendone degli illetterati rispetto agli altri giovani del mon-do. Si educano i giovani nutrendo la loro intelli-genza, la loro creatività, la loro curiosità, la loro liber-tà. Dando fiato e vero valo-re ai tantissimi straordi-nari maestri e professori che danno cuore e anima per la scuola. Ciascuno di noi, credo, ricorda un maestro o un professore che gli ha aperto gli occhi, che gli ha regalato un mondo. Non certo perché stava seduto 10 centimetri più in alto, ma perché sapeva parlare all’intelli-genza e al cuore. E si può ridare dignità al corpo in-segnante ridando agli in-segnanti il riconoscimento sociale che, quello sì, era migliore qualche genera-zione fa.