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 2018  giugno 05 Martedì calendario

Coda, il banchiere amico di Giolitti che cercò di mettere in riga i partiti

Anton Dante Coda fu presidente dell’Istituto Bancario San Paolo di Torino negli anni della ricostruzione e del «miracolo economico», dal 1946 al 1959, su indicazione di Luigi Einaudi, governatore della Banca d’Italia, ministro e poi Presidente della Repubblica, del ministro Giuseppe Pella e del governatore Donato Menichella. Ora i suoi Diari 1946-1952 (Un malinconico leggero pessimismo, a cura di Gerardo Nicolosi, Olschki editore) sono pubblicati per iniziativa della Compagnia di San Paolo.
Coda nacque a Biella nel 1899, fu sempre connotato dall’intransigenza ideale nei principi di libertà e democrazia, in nome del dovere e lontano da quelli che definiva «gli scettici, gli obliqui e i furbi volgari».Vicino alla famiglia dei suoi concittadini Sella fin dagli anni giovanili, Coda capì subito la natura antidemocratica del fascismo cui costantemente si oppose seguendo gli insegnamenti di Luigi Einaudi, Francesco Ruffini e Giovanni Amendola, rimanendo vicino a Giovanni Giolitti negli anni della sua vecchiaia e della sua opposizione parlamentare al regime: Coda ricordava, infatti, che «ad ogni suo arrivo alla stazione di Torino eravamo ormai in pochi ad accoglierlo, tre o quattro persone al massimo, mentre la gran massa di postulanti che gli fu d’intorno nell’ora del successo si squagliava vergognosamente».Trasferitosi a Torino dove si laureò in Scienze economiche e commerciali, Coda frequentò intensamente Einaudi, si avvicinò a Carlo Rosselli e venne incarcerato dal regime per tre settimane a Regina Coeli a Roma per le sue idee.Negli anni della seconda guerra mondiale, Coda fu vicino soprattutto al cuneese Marcello Soleri, erede morale di Giolitti, uno dei capi della Resistenza, poi ministro del Tesoro nel governo Bonomi dell’Italia libera che a fine ’44 nominò Luigi Einaudi governatore della Banca d’Italia, facendolo rimpatriare dall’esilio svizzero con un viaggio periglioso, quando l’Italia era divisa ancora in due e campo di battaglia. Anton Dante Coda fece parte anche del Comitato di Liberazione Nazionale dell’Alta Italia presieduto dal banchiere Alfredo Pizzoni. Dopo la Liberazione venne nominato presidente dell’Istituto Bancario San Paolo di Torino dove impresse una forte impronta affermando da subito che la banca avrebbe respinto le pressioni innanzitutto di tutti i partiti e le richieste di finanziamento da parte di «enti idropici e malsani» e per «iniziative dubbie e rischiose»: era la linea di Einaudi che insegnava che «le Banche devono dare solo a chi può restituire. Se no gli amministratori, cedendo roba d’altri, commettono un furto e devono andare in galera». Al San Paolo, Coda impresse anche una spinta per lo sviluppo produttivo, con alte sensibilità culturali, finanziando le principali opere pubbliche di Torino come l’aeroporto di Caselle, la Galleria d’arte moderna, la Biblioteca civica e il Teatro Regio.Dai diari e dal saggio introduttivo di Nicolosi emerge la fortissima crescita del San Paolo negli anni della presidenza Coda, con mezzi amministrati che passarono da 11 a 296 miliardi di lire e con un patrimonio che crebbe da 285 milioni a tre miliardi e mezzo. Emergono i contatti confidenziali continui innanzitutto con Einaudi e Benedetto Croce, le frequentazioni delle assise della Banca d’Italia e dell’Associazione Bancaria Italiana allora presieduta da Stefano Siglienti, la sua collaborazione alla Stampa guidata da Alfredo Frassati e da Filippo Burzio.Menichella rivelò a Coda che Einaudi fu infaticabile come ministro per salvare la lira, anche vigilando ininterrottamente nei Consigli dei ministri e «arrabbiandosi quando colleghi del governo attentano al bilancio proponendo nuove spese sconsiderate»: infatti Einaudi era «impossibilitato ad uscire anche cinque minuti» dal Consiglio dei ministri «perché subito alcuni ministri» ne avrebbero approfittato «per far passare decreti onerosi per il bilancio dello Stato». Coda fu un «banchiere umanista» con alti valori culturali e morali. Scomparve nel 1959 nel corso di una normale giornata di lavoro. Alla guida del San Paolo gli successe Luciano Jona, docente universitario, antifascista, anch’egli animato dagli alti ideali di libertà e democrazia di Einaudi.