Corriere della Sera, 5 giugno 2018
L’ipertelevisione: Bossari-Lagerback come Al Bano e Romina
Un tempo la chiamavano ipertelevisione, era un modo per identificare alcuni frammenti di vita portati all’estremo della spettacolarizzazione, così assolutizzati, svuotati di senso e trasfigurati da essere più televisione della televisione. La fedeltà al reale era il massimo del tradimento. O anche il contrario: una televisione fatta solo di televisione, desemantizzata, autoreferenziale. Fate voi. Questi concetti mi sono tornati in mente domenica sera, durante «Che tempo che fa», quando Luciana Littizzetto ha mostrato alcune foto del matrimonio di Filippa Lagerback e Daniele Bossari. Una cerimonia nata dopo una catarsi interiore di Bossari (la partecipazione al Grande Fratelllo) e anni di vallettaggio della Lagerback; una cerimonia dove gli invitati provenivano quasi tutti dal mondo televisivo (da Mara Venier a Camila Raznovich, da Federica Fontana a Cecilia Rodriguez, da Natasha Stefanenko a Nicola Savino, da Michelle Hunziker a Rudy Zerbi); una cerimonia laica officiata da Max Novaresi, presentatore e autore televisivo; una cerimonia realizzata da Enzo Miccio, star di Real Time e della «neo-pedagogia» televisiva (come ti vesti, come ti sposi, come stai al mondo…). Un matrimonio così, suggellato dalle inevitabili frasi dedicate ai followers di Instagram (il primo messaggio diceva: «Gratitudine. Gioia. Amore»), non può che generare una televisione «celibe», affidata solo al proprio linguaggio di genere. Oppure, una vita trasformata in televisione, una vita che è tutto un programma (televisivo). Come Al Bano e Romina, i maestri dell’ipertelevisione.
P.S. Per tornare a cose concrete, ho aspettato fino all’ultimo che Luciana Littizzetto chiedesse scusa al prof. Domenico Squillace, preside del Liceo Scientifico Volta di Milano. Lo aveva scioccamente e ingiustamente umiliato.Non l’ha fatto (doveva andare al matrimonio di Filippa) e questo non le fa onore.