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 2018  giugno 05 Martedì calendario

Povera Maria Elena le è rimasto solo il piccolo “Etrurio”

Ieri, sul Fatto, Vincenzo Iurillo raccontava tutto lo strazio di Domenico Tuccillo. Chi era costui? Il sindaco Pd di Afragola (Napoli), in campagna elettorale per un secondo mandato. In un’intervista al Mattino, Tuccillo ha chiesto senza mezzi termini ai big quanto segue: “Non fatevi vedere o perdo”. E già qui c’è tutta la smisurata mestizia della “classe dirigente” pidino-renziana. Peraltro Tuccillo ha chiesto la stessa cosa consigliata dall’ineffabile Jim Messina a Renzi & Boschi, durante la trionfale battaglia per il 4 dicembre: non fatevi più vedere in tivù, altrimenti il “no” salirà ancora. Infatti. Per i renziano-pidini è un momento tetro: dopo il veto a Savona credevano che fosse risolto tutto. Persino al titanico Mario Lavia era tornato il sorriso. Invece, con la nascita del vile Salvimaio, la loro vita è diventata un Golgota indicibile. Mario Giordano ha ironizzato sul rosicamento dei Severgnini e Zucconi, che dall’alto del loro iperuranio non riescono a darsi pace di fronte all’esecutivo giallo-verde-nero. Un governo che nasce con miliardi di dubbi e anomalie, ma le critiche hanno senso se le fa un elettore di Potere del Popolo o un sognatore della “sinistra vera”: suonano invece comicamente ipocrite se partono da chi aveva (aveva?) il poster in camera di Renzi e “inciuciava” con gli Alfano e i Verdini, al cui confronto Centinaio è come minimo Spadolini. Il loro dolore è ora tanto infinito quanto divertentissimo.
Vedere il broncio inconsolabile di Annina Ascani, due sere fa da Giletti, era impagabile. Come pure il diversamente coerente Genny Migliore, che al Tg1 si è reinventato oppositore e straparla ora di fascismo e razzismo. Eia eia alalà. O Michele Serra, che da Fazio ci ha fatto sapere che non si sente rappresentato da nessuno: non è certo il solo, ma sfugge come questo smarrimento si sia tradotto finora nel votare Renzi o – al massimo dell’iconoclastia – lo specchietto per le allodole Emma Bonino. In questo gran ballo del rosicante, si nota non senza dolore una mancanza: che fine ha fatto Maria Elena Boschi? Ve la ricordate? Ma sì, dai. Quella che aveva così alacremente operato per svilire la Costituzione. Quella che tre anni fa puntò tutto su un ragazzino come sindaco della città allora più renziana del globo (Arezzo), e il ragazzino riuscì a perdere. Quella del caso Etruria, quella della scorta, quella che nella sua provincia (sempre Arezzo) non si vede quasi più. Quella del papà famoso forse controvoglia. Quella che hanno spedito a Bolzano per garantirle lo scranno. Quella a cui un posto bisogna trovarlo per forza (chissà poi perché). Quella che, fino all’altroieri, era celebrata neanche fosse Nilde Iotti. Immortali, in tal senso, le parole per nulla eccessive di Bruno Vespa, che la accostò “alle nobildonne rinascimentali che lasciano beni e affetti perché rapite da una vocazione religiosa”. La Boschi assurgeva dunque a novella Santa Teresa d’Avila “che acquista sensualità nel momento in cui la trafigge la freccia dell’estasi divina”. Ebbene: che fine ha fatto tal nobildonna? Forse è a Laterina, forse a Bolzano. Forse in Parlamento. Di sicuro su Instagram. L’altro giorno, come ha notato Silvia Truzzi sul Fatto del Lunedì, la novella Santa Teresa d’Avila ha postato su Instagram la foto di un piccolo gattino beige. Davvero bellissimo. Oltremodo struggente la didascalia: “Un batuffolino di tenerezza! Queste sono le gioie di vivere in campagna!”. Poi la domanda forte: “Come lo chiamiamo?”. Mitologiche le risposte: “Dibba”, “Gigino”, “Rosato”, “Spread”. O magari, e perché no, “Etrurio”: l’unico gattino con la scorta.