Il Sole 24 Ore, 5 giugno 2018
L’uomo dei dazi che colleziona i quadri di Magritte
Quando la settimana scorsa Wilbur Ross ha sferrato il primo attacco della guerra commerciale transatlantica con dazi alle importazioni di acciaio e alluminio provenienti da Ue, Canada e Messico, c’era un’ironia nella logistica: il segretario si trovava all’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo, a Parigi, ed è da lì che ha chiamato i giornalisti a Washington per annunciare il suo piano d’azione. L’ex-finanziere ha annunciato nei particolari i piani americani per punire i tradizionali alleati, proprio mentre sedeva nell’istituzione nata dal Piano Marshall, che è ancora un pilastro dell’ordine mondiale capitanato dagli Usa dopo la seconda grande guerra.
Se l’ottantenne abbia colto l’ironia di annunciare dalla sede Ocse l’ennesimo attacco all’ordine internazionale da parte di Trump, non lo ha dato a vedere. E secondo gli osservatori del pragmatico ex-banchiere Rothschild, che ha fatto fortuna sui fallimenti di aziende siderurgiche e tessili, questa è la norma.
In un’Amministrazione notoriamente agguerrita, Ross è l’integerrimo paladino di questa discutibile politica economica. Ma è anche un globalista convertito, a suo agio tra le contraddizioni. Se adesso abbraccia felicemente il protezionismo trumpiano, un tempo possedeva fabbriche tessili in Cina e Messico e ha fatto i miliardi vendendo oltreoceano le acciaierie americane.
Il globalista convertito
Quando lo scorso marzo sono stati annunciati i primi dazi sui metalli, è apparso in televisione con un barattolo di minestra Campbell per sfatare i timori di un aumento dei prezzi al consumo. Secondo Ross, un aumento del 25% su 2,6 centesimi di dollaro dell’acciaio della lattina avrebbe fatto aumentare solo di 0,6 centesimi il prezzo di un barattolo di minestra (1,99 dollari). «Che differenza potrà mai fare un aumento di 0,6 centesimi?» ha dichiarato. «Tutta questa isteria è del tutto ingiustificata».
Il programma iniziale del 2016, di far diventare Ross lo zar del commercio di Trump, è sfociato in una realtà più complessa dove il segretario si è trovato membro di una vasta squadra di consulenti al commercio. Ma Ross, che è nato a Weehawken, nel New Jersey, sulla sponda opposta dell’Hudson rispetto a New York, e ha studiato a Harvard e Yale, resta una figura di rilievo.
I negoziati inconcludenti, che ha condotto con l’Unione europea prima dell’annuncio sui dazi di giovedì scorso, potrebbero essere una macchia di disonore per lui. E poi lo aspetta una serie di round negoziali con la Cina (l’ultimo a Pechino, nello scorso fine settimana, non ha prodotto risultati, ndr). Sta cercando di aggiudicarsi miliardi di vendite nel settore dell’agricoltura e dell’energia e di erodere l’annuale deficit commerciale americano con la Cina di 337 miliardi di dollari.
E poi sta sovraintendendo un’indagine sulla sicurezza nazionale sulle importazioni di automobili che potrebbe portare a dazi molto più pesanti di quelli sui metalli (si parla di tariffe fino al 25% che colpirebbero soprattutto l’industria dell’auto tedesca, ndr) e si è persino avventurato nello spazio, in termini politici quanto meno, guidando un progetto per deregolamentare le operazioni commerciali spaziali.
Collezionista di Magritte
I suoi nemici dicono che si addormenti alle riunioni e venga sgridato da Trump, l’uomo d’affari che proprio lui una volta aveva salvato: quando era banchiere, Ross aveva deciso di non costringere il costruttore di casinò alla bancarotta.
Presenza immancabile agli appuntamenti mondani di Palm Beach e degli Hamptons, Ross si è anche distinto come vivido esempio dell’opulenza dorata dei ricchi membri del governo Trump. In occasione del primo discorso di Trump al Congresso, Ross portava scarpe di velluto da 600 dollari con ricamato sopra il logo del suo dipartimento.
Ma il peggior colpo alla reputazione del segretario americano al Commercio è arrivato la scorsa estate, quando Trump ha cassato un accordo che Ross aveva negoziato con la Cina per ridurre la sua produzione di acciaio. Quel fallimento, insieme a un altro accordo che garantiva solo impegni a parole da parte di Pechino, ha minato la sua immagine di negoziatore killer agli occhi del presidente, stando alle indiscrezioni di chi lavora alla Casa Bianca.
E più di recente, Ross è stato danneggiato dal divieto di sette anni che il dipartimento del Commercio ha imposto al colosso cinese della telefonia Zte, impedendogli di operare con i suoi fornitori americani, perché aveva violato le sanzioni contro l’Iran e la Corea del Nord e i termini di un “patteggiamento” siglato nel 2017.
Il negoziato con la Cina
La sanzione è diventata motivo d’attrito nelle relazioni fra Trump e Xi Jinping. E quando poi Trump è intervenuto (al termine di una lunga telefonata con il leader cinese, ndr) e ha ordinato un’inversione di rotta su richiesta di Xi, la controversia ha suscitato un vespaio negli Stati Uniti, per l’approccio troppo morbido che il presidente ha adottato con la Cina.
In pubblico, tuttavia, Ross mantiene un perfetto aplomb, frutto di un’esperienza maturata in decenni di negoziazioni e alle più importanti aste d’arte del mondo. Con la sua terza moglie, Hilary Geary Ross, possiede una collezione di quadri del surrealista belga René Magritte che è stata valutata più di 100 milioni di dollari e la coppia compare puntualmente nella classifica di Art News dei più importanti duecento collezionisti al mondo.
Il collezionismo gli ha insegnato l’arte della pazienza, come ha dichiarato in un’intervista a Forbes nel 2013. Lui e la moglie esaminano le opere d’arte che li interessano almeno due volte e da diversi punti di vista prima di acquistarle. «L’arte di qualità costa cara, è meglio non fare troppi sbagli», aveva dichiarato nell’intervista.
(Traduzione di Francesca Novajra)
© The Financial Times Ltd 2018