Il Sole 24 Ore, 5 giugno 2018
È il nickel la rivelazione del 2018. Quotazioni in rialzo di quasi il 20%
Il 2018 decisamente non è l’anno dei metalli industriali. Ma alla generale debolezza del mercato c’è un’eccezione: il nickel, che da gennaio ha guadagnato quasi il 20%, un rialzo eccezionale soprattutto se messo a confronto con le performance degli altri non ferrosi. Dopo il rally dell’anno scorso, il rame e lo zinco sono in terreno negativo al London Metal Exchange, mentre l’alluminio è praticamente invariato, nonostante le incertezze e la forte volatilità provocate dalle sanzioni contro Rusal.
Anche il nickel ha risentito delle misure americane contro la Russia: il timore che anche Norilsk, controllata da Rusal, potesse subire restrizioni aveva spinto le quotazioni fino a 16.690 dollari per tonnellata ad aprile. Almeno quella preoccupazione sembra essere venuta meno (anche se Norilsk non è del tutto al riparo dalle sanzioni Usa, che potrebbero impedirle di incassare dividendi da Rusal). Ma la tensione sul nickel prosegue, mantenendo le quotazioni intorno a 15.400 dollari al London Metal Exchange: un livello lontano anni luce dal record storico del 2007, quando il metallo raggiunse.
Ad alimentare gli acquisti, in gran parte speculativi, è il continuo calo delle scorte, che a sua volta rispecchia la forte domanda: non più soltanto nell’industria siderurgica, ma anche nel settore emergente (benché tuttora limitato) delle batterie, nella cui composizione il nickel “pesa” molto più di cobalto e litio.
Ancora oggi sono i produttori di acciaio inossidabile ad assorbire il 70% dell’offerta di nickel. Ma l’effetto auto elettrica si sta comunque facendo sentire: soprattutto perché influenza gli speculatori, ma in parte anche perché l’industria delle batterie – per cui non va bene qualsiasi tipo di fornituta –sta facendo incetta di metallo di Classe 1, il più puro. Questo è infatti l’unico da cui si possa ricavare il solfato di nickel, impiegato nei catodi delle batterie. Ma è anche l’unico consegnabile nei magazzini Lme.
Anche per questo probabilmente le scorte della borsa londinese stanno calando a vista d’occhio. Dall’inizio dell’anno si sono ridotte di oltre un quinto, scendendo sotto 300mila tonnellate, ai minimi da 4 anni. Alla Shanghai Futures Exchange la situazione non è molto diversa: gli stock di borsa non sono mai stati così bassi dal 2015, quando ha debuttato il future sul nickel.
A sostenere ulteriormente le quotazioni del metallo in questi giorni è intevenuta la sospensione di alcuni impianti di ferronickel nella provincia cinese dello Shandong, ordinata dalle autorità per limitare l’inquinamento in vista di un importante convegno a Qingdao.
Per le qualità di nickel utilizzate in siderurgia l’offerta comunque non scarseggia, da quando l’Indonesia ha attenuato le politiche che limitavano la produzione di minerali grezzi. Nel 2017 Giakarta ha estratto 357mila tonnellate di nickel, il 74% in più rispetto all’anno precedente. Inoltre sta esportando in Cina grandi quantità di ferronickel a basso costo, dal nuovo mega impianto di Tingshan, tanto da aver provocato l’irritazione di Pechino.
Nickel adatto alle batterie per ora ce n’è abbastanza, se gli impianti siderurgici si accontentano di ripiegare su metallo meno puro. Ma è chiaro che a preoccupare (e a fomentare la speculazione) sono soprattutto le proiezioni di crescita dei consumi, al traino dell’auto elettrica.