il Giornale, 5 giugno 2018
Il dj Van Buuren: «Il gesto di Avicii? Segnale per tutti»
Ci ha pensato il deejay che molti definiscono «il più grande di tutti» a chiudere domenica sera il Nameless Festival di Barzio, vicino a Lecco. «Ogni sera voglio dare follia al mio pubblico», ha detto Armin Van Buuren, 42 anni, olandese di Leida, votato per cinque volte come «best dj» dalla rivista più autorevole del settore, ossia DJ Mag. Con i suoi concerti raduna folle oceaniche ed è senza dubbio uno dei leader mondiali della dance: «L’electronic dance music, ossia l’edm che è il mio genere portante, non è mai stata così bene e sta crescendo anno dopo anno: ci sono sempre più festival e artisti di talento emergono costantemente in ogni angolo del mondo».
Uno dei suoi colleghi più celebri se ne è appena andato all’improvviso e sul suo suicidio la famiglia ha chiesto riservatezza: «Ho incontrato Avicii parecchie volte e la sua morte è stata una sorta di sveglia per tutti noi dj. Dobbiamo imparare che possiamo soltanto fare il nostro meglio ed essere orgogliosi di ciò che realizziamo, fregandocene di ciò che la gente pensa o dice di noi. Purtroppo a qualcuno riesce meglio che ad altri».
A 42 anni, Van Buuren è ormai così navigato da avere un curriculum lunghissimo, pieno di collaborazioni in ogni parte del mondo. Forse quella che lo rende più orgoglioso è con Jean Michel Jarre, il suo modello adolescenziale che nel 2015 collaborò con lui in Stardust: «Un artista che ti ispira sempre», dice oggi annunciando che «sto per finire nuova musica e tra poco penso di farla ascoltare al pubblico». Insomma, dopo il Nameless, Van Buuren continua la sua inesauribile serie di concerti. «Girando tanto, conosco sempre nuovi dj. L’italiano che mi piace di più? Oggi direi il trancer Giuseppe Ottaviani».