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 2018  giugno 04 Lunedì calendario

Evelina ed Elisabetta separate: «Hanno vinto la sfida della vita»

«Ma Dio, perché anche le coliche?». È la vigilia di Natale 2017, le lacrime scendono all’improvviso, il pianto stavolta scoppia a dirotto. I bimbi ricoverati nella Neonatologia del Papa Giovanni XXIII di Bergamo sono pochi. Elisabetta ed Evelina sono nate il 23 agosto. Ormai hanno quattro mesi, ma non sono mai uscite dall’ospedale e non possono farlo neppure il 25 dicembre: il loro fegato è in comune, i corpicini uniti all’altezza dell’addome. Papà Federico, 37 anni, proprietario di un’agenzia di viaggi, e mamma Claudia, 32 anni, insegnante di diritto alle Superiori, entrambi di Cremona, di solito non si fanno prendere dallo sconforto. 
Quella sera, però, il dolore è troppo: le bimbe si contorcono per gli spasmi addominali tipici dei neonati, ma Elisabetta ed Evelina non possono essere cullate a pancia in giù come tutti gli altri bimbi. Non ci possono essere gesti naturali, neppure il cambio del pannolino e l’allattamento al seno. La sensazione è di maledetta impotenza. E allora papà Federico, per la prima volta, si rivolge con rabbia anche a quel Dio tanto amato: «Almeno le coliche – grida – potevano non averle!».
La possibilità di sopravvivenza in situazioni analoghe è stimata in media del 50%. C’è da piangere, ma non bisogna darsi per vinti. Il secondo nome di entrambe è Rita: in onore della santa dei casi disperati. Un nome azzeccato. La notte della vigilia di Natale è un ricordo, così l’intervento chirurgico di dieci ore dello scorso 31 gennaio, la cui straordinarietà fa il giro d’Italia. Mercoledì scorso le piccole vanno in ospedale per l’ennesima visita, stavolta è solo un controllo. Il ritorno alla vita delle gemelline siamesi è il fermo immagine di Elisabetta in piedi sulla gambe del papà e di Evelina in braccio alla mamma.
Il racconto al Corriere della sfida vinta è un susseguirsi di emozioni. Le parole del ginecologo che il 14 marzo 2017 comunica l’attesa di due gemelle, e pochi istanti dopo la diagnosi della traslucenza, il test alla 12esima settimana che consente di evidenziare eventuali malformazioni nel feto: «Le bimbe sono attaccate». La possibilità di aborto che Claudia e Federico non prendono in considerazione neppure per un secondo: «Non abbiamo avuto bisogno di guardarci in faccia prima di pronunciare il sonoro “No”». La corsa per sfogare la disperazione da un sacerdote cieco del seminario di Cremona: «Saremo capaci di affrontare questa prova?». I mesi di angoscia. La decisione di mettere in vendita la casa appena comprata: «Ci sono troppe scale e soppalchi, come facciamo se poi le bambine dovessero avere problemi a camminare?». La gioia nel vedere sopravvivere contro ogni statistica i due feti e poi le bimbe in culla è una felicità che può essere vissuta solo un giorno alla volta: «Senza pensare a un domani che potrebbe non esserci». La rabbia e la voglia di lottare. La nascita delle bambine e quei due corpicini fusi. I lunghi, infiniti mesi di ospedale.
L’intervento è il 31 gennaio: il chirurgo Maurizio Cheli si fa benedire le mani da don Paolo prima di entrare in sala operatoria insieme con i colleghi Giuseppe Locatelli e Michele Colledan («L’incidenza di nascite di gemelli siamesi è stimata in una ogni 200 mila – spiega il medico —. Nel mondo vengono operati dai 6 agli 8 casi ogni anno. I centri più attivi sono New York e Londra. In Italia questo è il terzo caso in pochi mesi, dopo i due interventi eseguiti al Bambino Gesù di Roma su bambini nati all’estero). Dalla terapia intensiva escono dopo appena 4 giorni: la fame è il segnale che il pericolo è scampato. Quando Elisabetta ed Evelina tornano a casa è il 2 marzo: dal cielo cade la neve. 
Dei mesi trascorsi, oggi non resta solo la tenacia di due giovani genitori e il successo della medicina, ma anche una foto simbolo che Claudia e Federico utilizzeranno come biglietto per l’invito al battesimo: Elisabetta ed Evelina sono nella culla d’ospedale ancora unite, gli occhi chiusi, e si tengono per mano. Chissà, magari per darsi forza l’una con l’altra, o più semplicemente per il bene che si vogliono. Adesso le due gemelle sono divise, ma forse ancora più inseparabili. Nel sonno si cercano sempre.
Ma le coliche non fanno più paura.