Corriere della Sera, 4 giugno 2018
Canottaggio, rivolta rosa a Cambridge
Gli equipaggi sono composti di otto vogatori e un timoniere, il percorso di gara è uguale, le due squadre appartengono alla stessa università, eppure una, quella maschile, alloggia in un villaggio turistico a cinque stelle con spiaggia privata e campi da tennis, l’altra in un ostello della gioventù. Succede agli studenti di Cambridge, disparità per via della quale le donne dei remi dell’antico ateneo britannico hanno rifiutato di partecipare a una regata internazionale di canottaggio organizzata a Spalato, in Croazia.
L’evento di Sveti Duje è andato avanti senza di loro – nella categoria femminile ha trionfato la squadra di Oxford – ma la rinuncia punta ancora una volta i riflettori sulla differenza del trattamento riservato a uomini e donne anche in un ambiente, come quello agonistico, dove impegno, sforzo e preparazione sono identici.
Era successo due anni fa e di nuovo l’anno scorso: questa edizione di una regata che a Spalato riunisce una varietà di squadre studentesche sfruttando anche la presenza delle due prestigiose università britanniche doveva svolgersi all’insegna di una maggiore parità. Quando gli organizzatori hanno comunicato al Cambridge University Boat Club che ancora una volta il loro alloggio sarebbe stato più economico di quello dei maschi, e che le atlete avrebbero dovuto inoltre pagare di tasca propria il viaggio, l’associazione ha detto stop.
«La gara femminile viene presentata nello stesso modo di quella maschile», ha sottolineato la presidente dell’associazione, Daphe Martschenko, al terzo anno di un dottorato e parte dell’equipaggio che sul Tamigi quest’anno, di fronte a un pubblico in mondovisione di milioni di persone, ha battuto la squadra di Oxford. «Non possiamo accettare di essere trattate diversamente». Il problema, ha aggiunto Ashton Brown, presidente del Boat Club l’anno scorso, non è il lusso dell’albergo. «Vogliamo semplicemente ciò che viene dato agli uomini. Se gli uomini vanno in campeggio, allora tutti in campeggio, ma non esiste che loro siano ospitati in un resort a cinque stelle e noi in un ostello».
Sarebbe forse lecito immaginare, di fronte alle argomentazioni della squadra, che gli organizzatori si siano scusati, ma non è stato così: sono passati all’attacco. «È chiaro che gli alloggi sono un problema ma la regata non fa soldi e sopravvive perché i partecipanti contribuiscono a renderla ogni anno un evento migliore», ha risposto Luka Grubor, ex vogatore di Oxford che nel 2000 ha vinto la medaglia d’oro alle olimpiadi di Sydney con l’otto britannico. «Voi avete rinunciato decidendo di concentrare tutto sull’albergo». Se i soldi sono un problema, allora, perché non mettere tutti nello stesso ostello?, ha domandato Brown, mentre Marschenko, con un Tweet, si è chiesta cosa sarebbe successo se il trattamento fosse stato invertito e se le donne fossero state ospitate nell’albergo buono.
Sconcerto anche tra i lettori del Sunday Times, che ieri ha dato spazio alla notizia. Sul sito del giornale c’è chi si è chiesto perché l’equipaggio maschile non abbia offerto di cercare una sistemazione paragonabile a quella delle donne.