Corriere della Sera, 4 giugno 2018
Svolta al pronto soccorso: invece dei 4 codici colorati una scala di 5 numeri
C’è molto più del semplice cambiamento di colore nella rivoluzione dei codici appena avviata dal Lazio nei pronto soccorso e destinata poi a coinvolgere tutti gli ospedali italiani. Il Lazio è l’unica Regione ad aver fatto precedere la «riforma» da una sperimentazione tra gli operatori ed ora è pronta al via. Si comincia a gennaio.
Lo scopo del nuovo modello, impostato anche da Toscana e Friuli-Venezia Giulia, è accorciare le attese e restringere il margine di errore nei casi che si prestano alla sottovalutazione del rischio e a episodi di malasanità. Si passa dai tradizionali quattro colori di priorità (rosso, giallo, verde e bianco) a cinque numeri. Inutile cercare l’equivalenza tra gli uni e agli altri, come si fa con voti e giudizi a scuola quando ci si chiede a cosa corrisponda ad esempio un «buono».
Entra in gioco una diversa organizzazione sanitaria, come prevedono le linee guida di imminente approvazione in Conferenza Stato Regioni dopo anni di preparazione. La Commissione ministeriale nominata nel 2013 ha infatti ultimato il documento nel 2016. Nel frattempo i pronto soccorso, ora Dipartimenti di emergenza e urgenza, hanno macinato una media di 24 milioni di prestazioni l’anno, una al secondo. Tre volte su quattro si sono concluse senza ricovero.
La svolta investe soprattutto i codici verdi che nell’attuale riclassificazione riguardano i casi poco critici e con assenza di rischio di evoluzione. Sette pazienti su 10 finiscono in questa sorta di calderone e, a differenza di rossi e gialli, restano sulle panche esterne alla zona medica. Nella moltitudine possono sfuggire le urgenze. Ci sarà dunque una diversificazione dei livelli di precedenza alle stanze di visita in base a più dettagliati criteri di valutazione da parte dell’infermiere specializzato, preposto all’accoglienza e al triage, cioè alla determinazione delle priorità (dal francesce trier). Un esempio: a chi arriva al pronto soccorso con dolori addominali, dopo l’esame clinico del triagista viene assegnato il numero 2 se corre il rischio di occlusione intestinale o perforazione, mentre scende al 3 (o addirittura al 4 e 5) se l’ipotesi è che si tratti di colite o di un disturbo di poco peso.
«Il sistema garantisce cure più adeguate nel tempo giusto – sintetizza Assunta De Luca, epidemiologa, componente del gruppo ministeriale sui codici —. I pazienti con problemi minori vengono avviati verso percorsi alternativi, specialistici, come possono essere l’intervento di un oculista o di un otorino, che risparmiano inutili attese». L’attuale ripartizione fra quattro colori dovrebbe comportare, in via molto teorica, che il 95% dei cittadini vengano curati entro un’ora. Un’illusione.
Tonino Aceti, coordinatore del movimento Cittadinanzattiva-Tribunale del malato promuove la riforma: «Ha il pregio di fotografare in modo più accurato lo stato del paziente. Ma non venga utilizzato per fare cassa con la riscossione del ticket, ora confinato ai codici bianchi. Non ci sia il tentativo di richiedere il contributo per le prestazioni 3 e 4. Ai pronto soccorso urge personale, decimato dai tagli attuati dalle Regioni in deficit di bilancio e sotto piano di rientro». In ritardo la creazione di spazi di Osservazione breve intensiva, esistenti solo nella metà delle strutture.
Infine l’annoso problema della carenza di ambulatori intermedi, di quartiere, al di fuori dell’ospedale. «Ci vorrà molta informazione sul passaggio ai codici numerici – conclude Aceti —. Le novità vanno comunicate».