Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  giugno 04 Lunedì calendario

Wilson: «Il mio Edipo? Ha tanti ingredienti da farmi pensare a un cheeseburger»


Di tutti i grandi del teatro del 900, forse pochi sono tanto longevi e amati. I suoi spettacoli rituali, il suo perfezionismo da artista visivo, il suo modo di governare le emozioni trasformando gli attori quasi in manichini, hanno suscitato ammirazione diffusa tra spettatori diversi e perfino tra i grandi maestri della scena contemporanea. Ma l’occasione di parlare con Robert Wilson ora ha la solennità delle nuove avventure: il regista americano affronta (e qui da noi in Italia) l’Edipo di Sofocle per la prima volta in una carriera cinquantennale e incessante visto che questo gigante (in tutti i sensi: è alto più di un metro e novanta) settantasettenne che sembra un Clark Kent attempato, è ancora in marcia come un giovanotto. Ha da poco allestito la mostra “The hat makes the man” al Max Ernst Museum di Brühl in Germania. Il 29 settembre è atteso il suo Trovatore verdiano nella versione francese al Teatro Farnese di Parma. Nel 2019 ha in programma le regie di Jungle Book da Kipling con le musiche delle CocoRosie (in aprile al Grand Théâtre de la Ville de Luxembourg), di Mary ha detto quello che ha detto di Darryl Pinckney in maggio a Parigi con Isabelle Huppert, e dell’Otello di Verdi al Festival di Baden-Baden.
Oedipus the king- Edipo re di Sofocle, che ha avviato nel corso di due workshop a Watermill, il suo centro di lavoro a Long Island, nasce come un processo di creazione composito, con due poli, il Teatro Olimpico di Vicenza che lo ha commissionato per il 71° Ciclo di Spettacoli Classici, e Pompeii Theatrum Mundi-Teatro Stabile di Napoli che lo ha coprodotto, e diverse fisionomie essendo un lavoro site specific: a Pompei dal 5 al 7 luglio, dal 4 al 7 ottobre all’Olimpico di Vicenza, il teatro palladiano che proprio con un Edipo fu inaugurato nel 1585 con le scenografie di Vincenzo Scamozzi che ancora fanno da scenario, poi il Teatro Metastasio dal 9 al 20 gennaio del ’19 e il Mercadante di Napoli.
Chiaro che la dimensione e l’unicità del progetto ne fanno un evento per gli appassionati di creazioni contemporanea. Per esempio, sarà un Edipo senza personaggi, né illustrativo, strutturato come il racconto di un aedo di omerica memoria; i fatti sono esposti cronologicamente non secondo la tragedia di Sofocle, con diverse figure simboliche e diverse lingue, italiano, inglese, greco, tedesco e latino e, come sempre in Wilson, viene abbattuto ogni confine tra teatro, danza, musica e arte figurativa.
Mr. Wilson come mai non aveva mai allestito un “Edipo”?
«Avevo messo in scena l’Oedipus
Rex di Stravinsky a Parigi, ma era tutto un’altra cosa. Ora voglio fare uno spettacolo al tempo stesso molto antico e molto contemporaneo. Un cheeseburger».
Prego?
«C’è il pane, la carne, il ketchup, la cipolla, il formaggio e ancora il pane. Ingredienti che messi assieme acquistano forza. In fondo il teatro è questo: mettere insieme tanti elementi differenti in una struttura che dia loro più forza. Ci sarà un prologo, un epilogo e un centro con temi accostati per contrapposizioni perché l’opera attraverserà oggetti, parole, musiche, epoche diverse. Ed è proprio la loro diversità a far acquistare forza e chiarezza all’insieme. Ecco perché dico che sarà un Edipo transculturale e transtorico».
Sì, ma che vuol dire?
«È come quando metti un computer su un comò antico: noti entrambi di più che se non ci fosse sopra una vecchia candela. Perché le forme e la natura sono differenti.
Ovviamente nel contrappunto il problema è cosa mettere insieme e con Edipo Re la domanda è: come posso ascoltare qualcosa di così lontano, come la posso vedere e percepire? Socrate diceva che i bambini nascono sapendo tutto e che la conoscenza è una scoperta progressiva di ciò che si sa. Un testo di 5 mila anni fa è nella nostra psiche: una mente inconscia che ci permette ancora di identificarci con la situazione e la storia».
Purché il “cheeseburger” sia ben fatto. Lei che ingredienti ha usato?
«Da un punto di vista sonoro oltre a varie lingue ci sono suoni molto diversi. In scena ci sarà Dickie Landry, artista di New Orleans che viene dal jazz classico e si abbina con le partiture di Kinan Azmeh, siriano il cui background è la musica antica mediorientale.
Vengono da mondi diversi ma io li trovo simili nel senso profondo, interiore della loro musica. Il primo pezzo di Azmeh è una composizione di silenzi. John Cage diceva che il silenzio è tante cose e può essere molto chiaro. Se ascolti il silenzio la linea continua che ti porta alla musica è senza interruzioni. Visivamente invece ci saranno elementi naturali radici e rami di alberi, tessuti di foglie di ananas, ma anche scene fatte di metallo e vetro, contemporanee».
Chi è Edipo?
«Mikalis Theophanous, l’attore di Cipro che non parla ma vede interiormente e sa essere calmo e estremamente violento. In scena gli attori non illustreranno ciò che ascoltiamo e sono attori di lunga carriera come Angela Winkler e Mariano Rigillo, Meg Harper, ma anche perfomer diversi, la danzatrice messicana Casalida Madrazo, l’artista ruandese Kayije Kagame, Alexis Fousekis, più un gruppo di giovani».
A lei cosa piace di Edipo?
«Ci dice che guardiamo senza vedere e ascoltiamo senza sentire.
Edipo si acceca per non vedere, ma solo da cieco comincia a vedere».