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 2018  giugno 04 Lunedì calendario

Duecentoventi anni fa la scomparsa di Casanova

Oggi, 4 giugno, è l’anniversario della morte di Giacomo Casanova, cessato di vivere nel 1798 nel castello di Dux, appartato angolo della Boemia, dove il conte di Waldstein gli aveva offerto il posto di bibliotecario. Se ne andò dimenticato, umiliato e offeso dalla servitù di quell’aristocratico angolo di mondo, vessato soprattutto da un maggiordomo di nome Feltkirchner. Morì, non sappiamo quanto convinto che, un giorno, le 4.545 pagine sulle quali per nove anni aveva trascritto in francese le memorie della sua vita, sarebbero state lette. Noi oggi godiamo di questo capolavoro passato di mano in mano, a volte maledetto, e per questo censurato, altre volte gelosamente conservato in attesa di essere reso pubblico in un tempo in cui la vita di un uomo dedito al piacere e all’avventura non avrebbe costituito scandalo. 
Sono proprio le sue memorie a dirci chi è stato Casanova, a liberarlo delle dicerie che nel corso di due secoli si sono addensate sul suo nome; dicerie che lui stesso, con leggerezza, contribuì a diffondere. Un avventuriero, certo, un libertino e gran seduttore, certo; un impostore, a suo modo, ma anche e soprattutto un uomo venuto dal nulla che si poté vantare di conservare una lettera scrittagli di suo pugno da Federico II, re di Prussia; di essere stato in rapporti confidenziali con Caterina II di Russia; di essere riuscito a evadere nella maniera più audace dal carcere veneziano dei Piombi; di avere ferito in duello il conte Branicki, generalissimo del re di Polonia; di avere posseduto una quantità innumerevole di donne, altolocate e umili, tutte innamorate di lui. 
IL CATALOGO
Come nel Don Giovanni, anche un suo valletto avrebbe potuto sbandierare il catalogo delle sue avventure galanti. Tuttavia, si è in errore se si paragona Giacomo Casanova a don Giovanni. Prima di tutto perché don Giovanni è un personaggio mai esistito, letterariamente creato; poi perché Casanova, chiunque sia la donna con la quale amoreggia, si comporta da gentiluomo, sempre ponendola su un piedistallo, che si tratti di una principessa o di una sguattera. Don Giovanni è un hidalgo-demone che mira soltanto a distruggere le dame che conquista. Margherita Sarfatti, scrittrice, amante di Mussolini, annotò: «Nelle sue sensazioni Casanova mette tutto se stesso, vi partecipa con i sentimenti e il cervello il suo fresco entusiasmo spirituale giustifica e redime la voluttà fisica. La glorifica in delicata commozione di anima e cuore».
LE MODALITÀ
Credo che abbia ragione la Sarfatti, contro un modo sbrigativo e folcloristico di rievocare Casanova, di raccontarlo, di rappresentarlo. In proposito è da incorniciare quanto scrisse il francese Philippe Sollers: «Non hanno voluto che Casanova fosse uno scrittore (e diciamolo pure: uno dei più grandi scrittori del XVIII secolo). Ne hanno fatto un animale da palcoscenico. Si ostinano a fornire di lui una falsa immagine. I registi che si sono accaniti su di lui lo hanno rappresentato come un fantoccio, un meccanismo amoroso, una marionetta più o meno senile o ridicola». E qui non si può non pensare al film che nel 1976 gli dedicò Federico Fellini. Stefan Zweig, nella biografia dell’Avventuriero, pur non avendone simpatia né stima, sentì il bisogno di chiarire: «Lo si può disprezzare per la sua mancanza di principi e per la poca serietà morale, lo si può smentire come storico e disconoscere come artista: una cosa è impossibile: farlo morire di nuovo, poiché malgrado tutti i poeti e pensatori, il mondo non ha inventato da allora un racconto più romantico e nessun personaggio più fantastico di Casanova».
L’UNICA DELUSIONE
Grande scrittore, Casanova, e grande amatore della vita prima che delle donne. Dalle sue pagine, dalla scrittura così coinvolgente e sempre di una leggerezza che sa di miracoloso, tanto che per lungo tempo furono erroneamente attribuite a Stendhal, viene fuori quel secolo meraviglioso e insieme terrificante che fu il Settecento. Raramente uno scrittore ha saputo raccontare meglio di Casanova il proprio tempo, che fu quello di Voltaire, di Mozart e di de Sade. Peccato che l’autore abbia potuto narrare la sua vita soltanto fino al suo quarantanovesimo anno (ne aveva settantatré quando morì). Nel leggere l’ultimo paragrafo dell’incompiuto capolavoro, si prova un senso di delusione per non poter andare oltre: «All’inizio della Quaresima, Irene lasciò Trieste con tutta la compagnia, e la ritrovai tre anni dopo a Padova, dove con la figlia feci una ben più tenera conoscenza». Qui c’è tutto Casanova, sedicente cavaliere di Seingalt.