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 2018  giugno 04 Lunedì calendario

Il calciomercato dei grand commis: come cambia il potere nei ministeri

Come accade ad ogni cambio di governo, in queste ore a Roma si sta combattendo una battaglia di potere senza quartiere intorno alla scelta dei capi di gabinetto dei ministeri. Li chiamano grand commis, mandarini, uomini-ombra ma come nel calcio mercato vengono capati ogni volta con frenetiche trattative dai ministri, ancora frastornati dalla nomina talvolta inaspettata, soprattutto fra magistrati amministrativi, consiglieri di Stato e consiglieri parlamentari.
I protagonisti della selezione, feroce e al tempo stesso dilettantesca, raccontano di primi incontri già al ricevimento al Quirinale dopo il giuramento dei ministri. E poi di incontri riservati, telefonate e cene lontane da occhi indiscreti. Alla fine emergeranno dalla zuffa figure professionali – peraltro quasi tutte già sperimentate nei governi precedenti – che risulteranno decisive per il buon lavoro di un ministero. Uomini che faranno marciare le decisioni politiche perché conoscono gli infiniti meandri della legislazione italiana e molte maniglie delle porte giuste. Professionisti abituati a gestire con sapienza molto potere, staff qualificati e irrequieti, spesso grandi quantità di denaro e al tempo stesso capaci di offrire soluzioni ai desideri spesso astrusi dei loro ministri.
Da questo punto di vista la nascita del governo Conte è già segnata da alcune differenze rispetto a quella del governo Renzi che fatalmente sarà il benchmark del nuovo esecutivo. L’allora segretario del Pd planò su Palazzo Chigi alla velocità della luce e con le idee chiarissime: già al primo consiglio dei ministri presieduto da Renzi fu nominata la figura chiave del segretario di Palazzo Chigi mentre il primo consiglio presieduto da Conte ha sorvolato sulla questione.I NOMI
In realtà il borsino di ieri dava in testa per questa casella il magistrato amministrativo Vincenzo Fortunato, uomo di esperienza unanimemente riconosciuta e costruita in vari ministeri. Con ogni probabilità la nomina dipenderà dalla distribuzione dei compiti operativi fra lo stesso premier Giuseppe Conte, avvocato che conosce benissimo il mondo dei giudici amministrativi essendo stato membro del Csm di questo segmento della magistratura, e il sottosegretario alla presidenza, il leghista Giancarlo Giorgetti, politico di lungo corso.
Per il segretariato di Palazzo Chigi risultano essere in corsa anche i plurisperimentati consiglieri Carlo Deodato e Rino Terracciano. Nella rosa è presente anche il nome del professor Alfonso Celotto, una vita da civil servant con ministri di vario colore politico, che viene dato in corsa anche per le Infrastrutture e la Funzione Pubblica. All’Economia sembra confermato il capo di gabinetto attuale: Roberto Garofoli, giudice del Consiglio di Stato e gran conoscitore dei dossier europei.
Ancora: fra le ipotesi sul tappeto c’è il ritorno al ministero dello Sviluppo, con Luigi Di Maio, di Vito Cozzoli, consigliere parlamentare che in quel ministero ha lavorato con Federica Guidi.
Il caso segnala anche una differenza di comportamento fra i due partiti della coalizione. Chi sta osservando le mosse dei ministri riferisce che quelli della Lega sembrano affidarsi soprattutto a Giorgetti per avere dritte sulle scelte del loro staff mentre quelli dei 5Stelle sembrano muoversi ognuno per conto proprio, spesso sulla base di conoscenze o rapporti personali.
La scelta del capo di gabinetto di alcuni ministeri chiave come Interno, Difesa e Giustizia è comunque delimitata per legge: al primo deve andarci un prefetto, al secondo un militare, al terzo un magistrato.
Fino a ieri dallo staff di Matteo Salvini al Viminale non è trapelato nessun nome se non una voce di corridoio che dava per favorito il prefetto di Bologna Matteo Piantedosi. In molti attendono la scelta del braccio destro amministrativo che farà Salvini per capire meglio la sua gestione ministeriale: un prefetto che viene dalle fila della Polizia ha un profilo professionale diverso da uno che viene dalla carriera prefettizia.
Analogo il discorso sul ministero della Giustizia dove una delle chiavi di lettura della nomina del futuro capo di gabinetto è quella del braccio di ferro in atto fra le correnti dei magistrati.
Un’ultima annotazione: il governo Renzi segnò il record di capi di gabinetto scelti fra i consiglieri parlamentari. Ora c’è chi scommette che magistrati e consiglieri di stato si prenderanno la rivincita. «Sono professioni che abituano a meditare – è la chiosa un grand commis che vuol restare anonimo – E dunque preparano alla vera missione del capo di gabinetto che alla fine è quella di offrire al ministro tre soluzioni per ogni sua proposta. Mica facile».