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 2018  giugno 03 Domenica calendario

Santa Fiction


In una cappella Sistina perfettamente ricostruita a Cinecittà, la troupe diretta da Fernando Meirelles ha festeggiato due settimane fa l’ultimo ciak di The Pope, film Netflix che racconta – appena cinque anni dopo l’elezione – la rivoluzione di Bergoglio. Cast stellare: con un Jonathan Pryce identico a Francesco e Anthony Hopkins nei panni di Ratzinger. Negli stessi giorni Wim Wenders presentava un lungo docufilm dedicato al nuovo pontefice. Che un papa così anomalo e imprevedibile attiri l’attenzione del cinema può essere considerato naturale: Francesco è diventato immediatamente, se ci perdona il termine, una star. Riempie la scena. Però, forse, la sua popolarità mediatica è solo la punta di un iceberg che ha radici più profonde e che vede diffondersi nel mondo dell’immaginario – visivo e letterario – temi in qualche modo legati al sentimento religioso. “I francesi hanno trovato Dio?” si chiedeva da Cannes Hollywood Reporter, elencando i successi sul mercato di titoli come Interview with God, God bless the Broken Road o I can only imagine ( storia di un cantante della band cristiana MercyMe), venduto persino in Cina. Oltre, naturalmente, al papa di Wenders. A noi potrebbe non sembrare una novità: in passato Rai Uno ci ha inondato di sceneggiati su santi e sacerdoti. Invece qualcosa è cambiato. Fateci caso: negli ultimi sette anni tre autori italiani di punta, sicuramente laici e sicuramenti abituati a narrare altri mondi, hanno creato opere visive che si occupano di chiesa e/o di miracoli. Il primo è stato Nanni Moretti con un film che è risultato addirittura profetico: nel suo Habemus Papam un Michel Piccoli pieno di dubbi sembrò anticipare il clamoroso passo indietro di Benedetto XVI. È venuto poi Paolo Sorrentino che ha immaginato un papa giovane, bellissimo e troppo elegante: incarna una spiritualità difficile e contropelo, dal carisma irraggiungibile, misterioso e impopolare. Un vero e proprio anti-Bergoglio. Non a caso la serie – in attesa della seconda stagione – si apriva citando il Wojtyla colpito dal meteorite creato da Maurizio Cattelan: un altro artista che tutti immaginano come un divertente giocoliere dell’immagine e che invece si occupa, essenzialmente, del mistero della morte. E ora c’è Niccolò Ammaniti che da autore di bestseller si è trasformato in autore e regista per Sky: il suo Miracolo crea un imprevisto e ingestibile disordine nel Palazzo; la madonnina di plastica si manifesta come l’unico potere forte, incoercibile e irredimibile, in un mondo di poteri deboli, instabili, effimeri, tentati di affidarsi alle lacrime di sangue per salvare sé stessi.Metafora perfetta per spiegare la strada che sta prendendo tanta fiction contemporanea. È come se il tessuto sociale, civile, politico fosse così logoro e corrotto da non reggere più la narrazione di grandi temi in grado di coinvolgere tutti; non più capace di incarnare né passioni né tragedie collettive. Un deserto ideale e emotivo. Il respiro della grande Storia è sparito: sarebbe possibile immaginare oggi un film come Novecento?Niccolò Ammaniti lo dice con la disarmante schiettezza che gli è abituale: “C’è rimasto il mondo frantumato delle chiacchiere dei social, che però ha fatto il suo tempo. La religione, invece, è in grado di parlarci del nostro passato, della nostra interiorità, dei complessi di colpa che ci portiamo dentro, del mistero. Neanche gli alieni possono tanto”.D’altronde non parliamo solo di cinema e tv. Nel suo ultimo romanzo Divorare il cielo Paolo Giordano racconta l’impossibile utopia di un gruppo di ragazzi uniti nella ricerca di una religione naturale e autogestita. “Ho sempre avuto”, ha spiegato a Concita De Gregorio, “nostalgia di una fede, di una forza superiore che muove le azioni e le orienta. Una specie di nostalgia di quello che ci manca. Il senso di perdita di qualcosa che non abbiamo avuto”.D’accordo, generalizzare è impossibile: parliamo solo di uno dei tanti sentieri che percorrono gli autori contemporanei. Però nel suo importante saggio sulla narrativaGianluigi Simonetti dedica un paragrafo a “Il desiderio e il sacro”. “Nell’ultimo Aldo Nove, come negli ultimi Desiati, Trevi e Siti è facile trovare accenti religiosi, anzi mistici, se misticismo è ricerca dell’Assoluto nelle sedi più umili e terrene”. E spiega perché è così frequente l’accostamento tra pornografia e religione: due forme opposte di annullamento dell’io, nell’estrema reificazione del corpo o nell’estasi della trascendenza. Nessuno si scandalizzi: un autore come Emmanuel Carrère, dal quale non te lo aspetti, ha raccontato neIl Regnogli anni della sua improvvisa e momentanea conversione cattolica, unendo dottissime riflessioni sui testi sacri alle sue fantasie auto-erotiche.Guido Mazzoni, uno dei più acuti lettori della società contemporanea, legge così il fenomeno: “Avevamo dato troppo presto per compiuto il disincanto del mondo. Pensavamo che la religione fosse liquidata nella vita delle persone. Forse lo è per quel che riguarda la sfera dei desideri e degli obblighi morali. Però di fronte al mistero della vita, di fronte all’impotenza e alla fragilità umana, la religione sembra essere rimasta l’unica a dare risposte. Una volta c’era una forma di trascendenza laica: il sogno di un nuovo mondo, la rivoluzione, il comunismo. Ma oggi come rispondi alla ricerca di senso? Di cosa parli? Di diritti umani? Certo sono importanti, ma la gente non va in piazza in massa per i diritti umani o – che so – per l’ambiente. Sono diritti formali. Non ci sono più grandi trascendenze aggreganti. Sembra essere rimasta solo quella religiosa”.Segnali, in realtà, ce n’erano stati da tempo. Il primo si manifestò proprio nell’anno santo.Dio esiste? è il titolo del numero di Micromegache esce nella primavera del 2000: ospita anche un testo di Ratzinger, non ancora papa. Un boom incredibile, ristampe continue, tirature mai viste per una rivista filosofica rivolta a un pubblico laico e di sinistra. Paolo Flores ricorda: “Speravamo di vendere 10- 15mila copie. Sarebbe stato un bel successo. Ne vendemmo quasi centomila. Solo il numero sull’anniversario di Mani Pulite si è avvicinato a queste cifre”. Da allora è nato un fenomeno editoriale: nel nuovo millennio sono molti gli autori religiosi, da monaci laici come Enzo Bianchi – attualmente in classifica – a teologi come Vito Mancuso o Bruno Forte, che vendono migliaia di copie. E quasi tutti sono emigrati dall’editoria cattolica specializzata alla grande editoria generalista. La rivistaha analizzato la tendenza con un’intervista della scrittrice Maria Pia Veladiano (nei cui romanzi la fede è sempre presente) a Paolo Repetti, direttore di Stile Libero-Einaudi (che ha pubblicato, tra l’altro, anche il vescovo Dionigi Tettamanzi). “Venendo da noi”, sostiene Repetti, “gli autori si sono portati dietro i loro lettori e ne hanno catturati di nuovi. Dio non è più un tema di settore: è un tema adatto anche al lettore laico, che è il nostro”. Detto per inciso, l’esodo ha dimensioni tali da mettere in crisi l’editoria religiosa: nel 2016 ha perso l’8,3 per cento rispetto a un mercato del settore sostanzialmente stabile (-0,26). Fede, senso del sacro, spiritualità: il territorio è vasto e non è necessariamente legato a contenuti cattolici. Un vasto pubblico laico cerca in un altrove risposte che il mondo non sa più dare. La religione non è più l’oppio dei popoli. “In America”, è ancora Mazzoni a parlare, “non lo è mai stata: è parte del discorso pubblico, il presidente giura ancora sulla Bibbia, sul dollaro c’è raffigurato il volto di Dio. Il legame con il credo dei padri fondatori resta forte”. Forse per questo solo in America poteva nascere un kolossal musicale con un Gesù hippie interprete di meravigliose canzoni: erano gli Anni 70 e soffiava il vento del flower power. Cinquant’anni dopo – purtroppo – i sogni del secolo scorso si sono spenti. Ma potrebbe essere proprio questa la ragione per cui in Europa Jesus Christ torna a essere superstar. ?