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 2018  giugno 03 Domenica calendario

Il diario degli ultimi giorni di Carlo Cottarelli

Domenica 27 maggio, intorno alle 20, nella mia casa a Milano, avevo appena finito di correggere gli esami dei miei studenti alla Bocconi e mi apprestavo a prepararmi qualcosa da mangiare (un piatto di lenticchie, probabilmente) e a mettermi davanti alla tv per vedere la settima puntata della quarta serie di «Breaking Bad» su Netflix. «Breaking Bad» è una serie che racconta la trasformazione di un tranquillo professore di chimica in un temibile trafficante di droga, una storia strampalata, di quelle che solo al cinema o in televisione si trovano, non nella vita reale. 
Nella vita reale le cose si muovono di solito in modo prevedibile, secondo routine prestabilite: si correggono gli esami degli studenti, il giorno dopo si va all’Osservatorio sui conti pubblici della Cattolica, al pomeriggio si fanno un po’ di riunioni, eccetera eccetera. Nella vita normale non ti capita di solito che alle 20 e 05 ti squilli il cellulare e che tu senta qualcuno che ti dice che il presidente della repubblica Mattarella ti vuole parlare, non ti succede che ti passino il presidente e non succede che il presidente ti chieda di venire a Roma il giorno dopo per ricevere l’incarico di formare un nuovo governo. Non ti succede normalmente, ma se ti succede, che fai? La telefonata era giunta del tutto inaspettata. È vero che, tra un esame da correggere e l’altro, come tanti altri italiani avevo seguito su Rai News gli sviluppi di quello che sembrava uno dei più seri conflitti istituzionali della storia repubblicana. È vero che, nelle settimane precedenti, l’ipotesi di un governo tecnico era stata più volte considerata. Ed è vero che i giornali avevano fatto il mio nome tra i possibili candidati. Ma i nomi che sembravano più probabili erano altri. E nessuno mi aveva contattato in precedenza, nemmeno per ventilare la possibilità di un simile incarico. Ma che fai se il Presidente ti chiama? Non puoi che accettare. Non ci sono né se né ma. Devi andare.Prima di partire È cominciata così quell’avventura che mi ha portato per quattro giorni al centro della politica italiana. Le cose si sono subito mosse velocemente. Le telefonate alla famiglia, agli amici. Le telefonate da chi aveva sentito la notizia alla tv, le mail, gli sms. E la valigia da fare. Che ci metto dentro? Il minimo indispensabile per sopravvivere qualche giorno, tanto poi se anche la cosa va in porto posso sempre tornare a prendere il resto. Ci infilo il libro che sto leggendo («The end of Democracy», sulla fine della Repubblica di Weimar). Ci infilo anche l’«Elogio della Follia» di Erasmo da Rotterdam (chissà che mi serva qualche dotta citazione; e poi con quel titolo…). Ci metto anche il rasoio elettrico. Eh no. Quello me lo sono dimenticato a Cremona, da dove ero rientrato nel pomeriggio. Così pochi minuti prima di mezzanotte devo uscire per comprare in uno di quei mini market aperti tutta notte rasoi usa e getta e schiuma da barba. Mi chiedo se il cassiere possa sospettare di avere davanti a sé il prossimo presidente del Consiglio. Non mi sembra.Arrivato a Roma, dopo una notte quasi insonne e un viaggio in Frecciarossa, mi accoglie una marea di giornalisti. Non c’è nessuna macchina ad attendere e la fila dei taxi è lunga per cui si va tutti a piedi a piazza della Repubblica a cercare un taxi. Non rispondo a nessuna domanda: se si dice qualcosa, parte subito un lancio di agenzia. Certo mi risulta difficile non rispondere quando mi chiedono se è vero che sono interista. Mi sento come Pietro che rinnega la propria fede. Ma resisto. Una tomba… Il taxista mi lascia davanti al Quirinale. No, non mi serve la ricevuta (e che mi presento da Mattarella chiedendo il rimborso spese?). Entro con zaino in spalla e trascinando il trolley. Salgo. Nella stanza dove attendo ci sono quattro corazzieri che conversano. Mi avvicino, alzo la testa e dico: «Certo mi sento un po’ bassino qui», battuta non molto intelligente, infatti mi guardano strano, ma è un modo per scaricare la tensione.Il Presidente è chiarissimo su quello che devo fare: vista l’impasse politica, occorre formare un governo tecnico che porti il Paese alle elezioni, a inizio 2019, se il governo otterrà la fiducia su un programma che comprende l’approvazione della legge di bilancio; dopo il mese di agosto se la fiducia non verrà ottenuta, nel qual caso il governo Cottarelli, sarebbe rimasto in carica per gestire gli affari correnti e le elezioni, nel modo più neutrale possibile. Mission impossible, mi scrive qualcuno dopo che l’annuncio è fatto.Nel mio “ufficio”Vado alla Camera e al Senato per i rituali incontri con i presidenti e poi al mio nuovo «ufficio» alla Camera, nella sala «dei busti» (il primo entrando è quello di Crispi, il garibaldino diventato primo ministro dimessosi dopo la disfatta di Adua. Non mi sembra di gran buon auspicio, si licet parva componere magnis).I tempi sono stretti perché il Paese ha già atteso abbastanza. Cominciano le telefonate, con l’impeccabile aiuto di Veronica, dello staff della Camera. La cosa sorprendente è che, nonostante la mission impossible, la maggior parte dei contattati accetta («Di fronte a una richiesta di questo genere, in questo momento così difficile …»). Insomma, pochi rifiutano e quei pochi lo fanno solitamente adducendo seri motivi. Finisce la prima giornata e metà della lista è pronta. Una pizza con il commissario che guida le guardie del corpo (era da quando guidavo le missioni del Fmi in Turchia che non avevo guardie del corpo) completa il primo giorno.Martedì: nel primo pomeriggio la lista è pronta. È un governo snello, tredici ministri in tutto, quattordici con me, sei uomini e otto donne. Al pomeriggio si torna al Colle per la lettura della lista. Ma i mercati non prendono bene l’ipotesi di un governo tecnico. Ma la fiducia non c’èNessuno tra i principali partiti politici sembra intenzionato a votare la fiducia, rendendo quindi certa la prospettiva di nuove elezioni, elezioni che sarebbero state certamente centrate sulla questione dell’euro, visto che i problemi erano iniziati da lì. Lo spread, che era già aumentato, da 130 punti ad oltre 200 punti il venerdì prima, continua a crescere. Martedì si registra la più forte impennata dello spread in un singolo giorno dal 1992: si arriva a 320 punti, con un modesto calo a fine giornata.Nel pomeriggio salgo al Quirinale per l’incontro ufficiale che precede l’annuncio della lista dei ministri. C’è grande attesa da parte dei media. E c’è grande sorpresa quando i corazzieri nella stanza in cui avrebbe dovuto aver luogo l’incontro se ne vanno in buon ordine, segno del fatto che non ci sarebbe stato quella sera nessun annuncio ufficiale sul nuovo governo. Cosa accade oltre quella porta? Qui non entro nei dettagli (eh, lo so che resterete delusi, ma un minimo di riservatezza lo si deve ancora mantenere, no?). Fatto sta che il giorno dopo ripartono le voci su un possibile governo politico. Un governo politico in grado di ottenere la fiducia dal Parlamento, sarebbe stato nel pieno dei suoi poteri e avrebbe quindi potuto gestire al meglio la pressione dei mercati finanziari. Anche più importante era il fatto che un governo politico avrebbe evitato le elezioni e quindi altri tre o quattro mesi di graticola sulla questione dell’euro. Occorreva fare un ultimo tentativo per avviare un governo politico.Mercoledì iniziano le discussioni. Ma a cosa porteranno? Sono mesi che discutono! Qual è l’elemento nuovo che potrà sbloccare le cose? Certo, l’aumento dello spread mette pressione su tutti, indicando una chiara priorità: per il bene del Paese meglio evitare nuove elezioni. Ma le cose procedono lentamente: Salvini è fuori Roma e anche Di Maio va e viene.Paura per lo spreadA questo punto, comincio davvero a pensare di dover gestire come presidente del Consiglio e senza gli strumenti adeguati, quella crisi di cui spesso avevo parlato nei miei libri: quando si ha un debito pubblico elevato, si resta esposti all’umore dei mercati finanziari e le cose possono sfuggire di mano facilmente. «L’aumento dello spread si può sviluppare in modo molto rapido e improvviso», scrivevo a pagina 39 del mio libro sul debito pubblico, «Il Macigno». Passo un’altra notte insonne, tra mercoledì e giovedì. Giovedì mattina il cielo è nuvoloso, ma mi sembra un buon auspicio (amo la pioggia!). A fine mattinata sembra che si vada verso un governo politico. Ma occorre ancora tempo. Attesa snervante. Per pensare ad altro, visito l’emiciclo della Camera. La storia d’Italia si è fatta qui.Vengo convocato al Quirinale per il tardo pomeriggio per un incontro ufficiale: l’ufficialità è necessaria sia che si debba leggere la lista dei miei ministri, sia che si debba rimettere il mandato. Ma le cose sembrano mettersi bene. Corre voce che Conte sia in viaggio per Roma. Poco dopo le 19 rivedo il Presidente della Repubblica che mi comunica il raggiunto accordo per il governo politico. Mi ero già preparato il testo del mio breve annuncio. L’incontro con i media dura pochi minuti. Entro nella stanza sorridente. Dico che la formazione di un governo politico è di gran lunga la soluzione migliore per il Paese. Mi dicono che emetto positività. Sarà! Fatto sta che alla fine del mio breve discorso parte un applauso che accompagna la mia uscita. Non era mai successo che un incontro con i media al Quirinale si concludesse con un applauso.Le ultime ore a Roma Lascio Roma venerdì mattina, dopo una notte di sonno sereno. Parto per Trento dove è prevista la presentazione del mio ultimo libro al festival dell’economia. La giornata è tersa e volando sopra l’Italia mi commuovo guardando quanto è bella. Se solo litigassimo di meno... Un ultimo pensiero. Il pericolo è per ora scampato. Lo spread si sta riducendo. Ma l’economia italiana resta fragile. Fragile ad annunci inappropriati, fragile ad azioni avventate, fragile rispetto a choc esterni che ci possono colpire. Occorre renderla più robusta, soprattutto avviando la riduzione del nostro debito pubblico, piuttosto che mirare a una massimizzazione della crescita nel breve periodo. Spero che, al di là degli annunci, il nuovo governo ne sia consapevole. Buon lavoro e che l’Italia non diventi un laboratorio per strani esperimenti!