Corriere della Sera, 3 giugno 2018
Dal Superbugiardo a Nadal, addio alle marionette che sbeffeggiavano i famosi
PARIGI «Ha vinto SuperMenteur!», disse Jean-Marie Le Pen dopo la sconfitta al secondo turno delle presidenziali, nel 2002. Le marionette si prendevano gioco dei politici, ma anche i politici cominciavano a parlare come le marionette. Quell’epoca è finita, dopo un’agonia cominciata nel 2015 con l’arrivo di Vincent Bolloré al comando di Canal Plus.
I sette minuti più amati – e costosi – della televisione francese non andranno più in onda. La prossima stagione sarebbe stata la trentesima ma «Les Guignols de L’Info» si fermano qui. Per la Francia è un momento storico, perché le marionette di Chirac, Sarkozy e tanti altri protagonisti della politica e dei media hanno accompagnato e talvolta influenzato la vita pubblica dal 29 agosto 1988 allo scorso venerdì.
Negli anni Novanta, l’età d’oro, i pupazzi dell’informazione erano visti in media da cinque milioni di spettatori. Alle 20, su Tf1, la star dei giornalisti televisivi Patrick Poivre d’Arvor si rivolgeva alla Francia con un telegiornale compassato; pochi minuti prima, su Canal Plus, la sua caricatura di lattice «PPD» gli faceva concorrenza offrendo una versione alternativa e infinitamente più divertente delle notizie del momento. «Les Guignols de L’Info» furono il programma di punta – trasmesso in chiaro – della pay-tv, l’espressione di quello «spirito Canal» che si impose nel costume nazionale: un tono di derisione e irriverenza verso tutto e verso tutti, che per anni ha fatto ripetere tormentoni alla macchinetta del caffé e ispirato saggi e tesi universitarie. Il sociologo Pierre Bourdieu detestava la televisione ma definiva «analisti straordinari» le marionette create da Bruno Gaccio, Jean-François Halin e Benoît Delépine, in bilico costante tra qualunquismo e genio. Leggenda vuole che i Guignols ebbero un ruolo nell’ascesa all’Eliseo di Jacques Chirac nel 1995 facendolo diventare simpatico, una specie di bonaccione bevitore di birra che gridava «Bernadette!» per chiedere alla moglie un’altra Corona. Sette anni dopo corressero il tiro facendo di Chirac il «Super-bugiardo», ma questo non bastò a farlo perdere con Le Pen, trattato anche peggio.
I Guignols presero di mira poi Carla Bruni che non apprezzò – «la mia marionetta sembra Ségolène Royal» – e provocarono una protesta ufficiale della Spagna: al distributore il tennista Rafael Nadal non metteva benzina nel serbatoio ma la sua pipì e l’auto ripartiva velocissima (potenza del doping), poi firmava con un’enorme siringa la petizione in difesa del connazionale Contador escluso dal Tour.
Le ultime puntate raccoglievano ormai solo 400 mila spettatori, una trasmissione sabotata da Bolloré che non voleva più satira sui politici. Ma i Guignols sono soprattutto vittime dei tempi e del successo: esplosiva negli anni Novanta, la loro irriverenza oggi è mainstream. Tra populismo e social media, non sono certo loro i più cattivi e rivoluzionari.